Frate Rufino (accoglienza)

Capitolo II: Vivere il Vangelo

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Jésus-ChristQuesto capitolo si aprirà con il racconto di Gesù nel deserto tentato dal diavolo. Proseguiremo accompagnando Francesco nella sua risposta alla chiamata del Signore nella cappella di San Damiano. Infine, termineremo con lo studio degli articoli 4 e 5 della nostra Regola, articoli che, precisiamolo fin d’ora, ne costituiscono il cuore stesso.

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GESÙ NEL DESERTO TENTATO DAL DIAVOLO

        Come precisato nella prefazione, vengono riportati sovente in quest’opera dei passaggi estratti da opere diverse. Oggi ascoltiamo una mistica che ci confida una rivelazione privata di cui è stata beneficiata. Questa mistica ben nota è Maria VALTORTA e l’estratto presentato qui di seguito e una parte dell’analisi che seguirà sono tratti dall’opera “Il poema dell’Uomo-Dio” *  Riguardo quest’opera, il nostro santo Padre, Papa Pio XII raccomandava ai padri Andrea M. Cecchin, Priore, Corrado berti e Romualdo M. Migliorini, teologi dell’Ordine dei Servi di Maria, ricevuti in udienza speciale il 26 Febbraio 1948 (vedi l’Osservatore Romano) : « Pubblicate quest’opera cosi’ com’è. Chi la leggerà, capirà .» In questo manuale, ci capiterà di fare riferimento a quest’opera scritta in italiano il cui titolo è Il poema dell’Uomo-Dio. L’autore fa riferimento alla versione francese pubblicata in 10 tomi: Tipografia Editrice M. Pisani tra il 1979 e il 1985, L’Evangile tel qu’il m’a été révélé, Maria Valtorta. I riferimenti che verranno dati ulteriormente in questo manuale riguardano questa edizione francese.. Ovviamente, ti invito a non materializzare troppo i dettagli concreti.

Nel deserto di Giuda

Dopo aver ricevuto il battesimo da Giovanni  Battista nel Gioradno, Gesù viene spinto dallo Spirito nel deserto. Si tratta del deserto di Giuda: terra bruciata, solitudine pietrosa e polvere che il vento solleva in turbini. Gesù è la’ de quaranta giorni, nel digiuno e nella preghiera. La domanda inevitabile che viene alla mente è la seguente: per quali ragioni lo Spirito ha spinto Gesù nel deserto? Ebbene, innanzitutto per preparare la sua missione, ma anche per venire tentato come lo sono stati Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden.

Si può immaginare facilmente la scena: da quaranta giorni, al calore impietoso dei giorni succede il freddo pungente delle notti. Gesù è sfinito. Lo è, certamente, a causa delle privazioni di cibo. Ma lo è ugualmente per la nostalgia della mamma lontana. In effetti, in questa prova, Gesù sente il bisogno della tenerezza materna sulla sua fragilità di uomo. Ha anche il presentimento della sofferenza che lo attende e del dolore che questa infliggerà a sua madre, l’Unica persona al mondo che lo ami perfettamente. Gesù è triste... La tristezza non è un peccato se l’ora è torturante. E’ un peccato solamente se uno vi si abbandona e cade nell’inerzia o nella disperazione. Ma la tristezza è un richiamo magico per Satana. Ed eccolo che arriva.

Gesù, seduto su una pietra, vede arrivare un uomo. Quest’uomo, vestito da beduino, incomincia la conversazione: “Sei solo?” Gesù lo guarda senza rispondere. “Come hai fato ad arrivare qui? Ti sei perso?” Gesù lo guarda ancora e tace. “Se avessi dell’acqua nella mia borraccia, te ne darei un po’. Ma non ne ho. Il mio cavallo è morto e mi dirigo a piedi verso il guado. La’, berrò e troverò qualcuno che mi darà un po’ di pane. Conosco la strada. Vieni con me, ti guiderò.” Gesù abbassa gli occhi senza dire nulla. “Non rispondi? Ma lo sai che se resti qui muori? Allora, vieni.” Gesù stringe le mani in una muta preghiera. E là, rendendosi conto che si é smascherato, Satana si rivela: “Ah! Allora sei tu? Da quanto tempo ti cercavo! Ti eri ben nascosto in tutti questi anni! Ma ora, ti osservo da dopo il tuo battesimo. Tu chiami l’Eterno? Ah, ah, è ben lontano! Ora tu sei sulla terra e in mezzo agli uomini. E nel mondo degli uomini, sono io il re. Tuttavia, tu mi fai pietà ed io voglio aiutarti perché tu sei buono e sei venuto a sacrificarti, per niente. Gli uomini ti odieranno a causa della tua bontà perché sono più aridi della polvere di questo deserto. Non si meritano che uno soffra per loro. Io li conosco meglio di te. Allora, vieni.”  Il sudore  imperla le tempie di Gesù che si mette a pregare più intensamente nella sua mente.Jésus tentation au désertSatana si siede di fronte a Gesù e lo scruta con il suo sguardo terribile sorridendo con la sua bocca di serpente. E prosegue: “Tu non ti fidi di me. Tu hai torto. Io sono la saggezza della terra. Io posso servirti da professore per aiutarti a trionfare. Vedi, l’importante é trionfare. Poi, quando ci si è imposti al mondo e lo si ha sedotto, allora lo si conduce dove si vuole. Ma dapprima bisogna essere come piace a loro, come loro, sedurli facendo loro credere che li ammiriamo e li seguiamo nei loro pensieri. Ascoltami. Io ti insegno come bisogna fare, perché c’è stato un giorno in cui io ti ho contemplato con una gioia angelica ed un resto di questo amore è rimasto in me. Allora, ascoltami e profitta della mia esperienza... Ma, che stupido che sono. Tu hai fame ed io parlo di tutt’altro che di cibo. Guarda queste pietre, come sono tonde e levigate, dorate sotto i raggi del sole al tramonto. Non ti sembrano dei pani? Tu, figlio di Dio, Tu devi solamente dire: “Io lo voglio” ed esse diventeranno un pane odorose e ben caldo, un pane fragrante in bocca e che calma i dolori dello stomaco provocati dalla fame. Saziati, figlio di Dio. Tu sei il Signore della terra... Tu vedi come impallidisci e barcolli, solo al sentir parlare di pane? Povero Gesù! Sei indebolito al punto da non poter più comandare un miracolo? Vuoi che lo faccia io per te? Non sono al tuo livello, ma posso fare qualcosa. Mi priverò per un anno della mia forza, la raccoglierò tutta, ma io voglio servirti perché tu sei buono e perché io mi ricordo sempre che tu sei il mio Dio, anche se ora io non merito più di darti questo nome. Aiutami con la tua preghiera affinché io possa...”

In quest’istante Gesù risponde: “Sta scritto:  - Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.-”

Il demonio ha uno scatto di rabbia. Serra i pugni e contrae la mascella in un orribile ringhio. Ma, cambiando idea, apre i pugni, distende la bocca per abbozzare un sorriso e riprende: “Capisco. Tu sei al di sopra delle necessità della terra e ti disgusta di servirti di me. L’ho meritato. Ma vieni a vedere cosa succede nel Tempio, nella casa di Dio. Vedi come anche i sacerdoti non rifiutano di creare dei compromessi tra spirito e carne, perché sono degli uomini e non degli angeli. Compi un miracolo spirituale. Io ti porto sul pinnacolo del Tempio e tu ti getti da lassù. Tu chiami le coorti angeliche e dici loro di fare una predella per i tuoi piedi con le loro ali intrecciate, infatti, non sta scritto: “Darà per te ordini agli angeli ed essi ti porteranno nelle loro mani, affinché non inciampi nella pietra il tuo piede?” In tal modo essi ti faranno scendere in mezzo alla corte principale. Così tutti quelli che sono in basso vedranno e si ricorderanno che Dio esiste. Ogni tanto queste manifestazioni sono necessarie perché l’uomo ha la memoria corta, specialmente per tutto ciò che è spirituale. Tu sai come gli angeli saranno felici di darti un posto ove posare il piede ed una scala per farti scendere!”

        Gesù gli disse: “Sta pure scritto: - Non tenterai il Signore tuo Dio.-”

Per la terza volta, il demonio prende la parola: Tu capisci che anche la tua apparizione non cambierebbe molto le cose e che il Tempio continuerebbe ad essere un mercato corrotto. La tua divina sapienza sa che i cuori dei ministri del Tempio sono un nido di vipere che si divorano tra loro per arrivare al potere. Per domarli serve solo la potenza umana.

Allora vieni. Adorami. Ti donerò la terra. Alessandro, Ciro, Cesare e tutti i più grandi conquistatori del passato sembreranno di volgari capi carovanieri in rapporto a te che avrai tutti i regni della terra sotto il tuo scettro, con tutte le ricchezze, tutti gli splendori della terra, e donne  e cavalli e soldati e templi. Potrai innalzare ovunque il tuo segno quando sarai Re dei Re e Signore del mondo. Allora tu sarai obbedito e rispettato dal popolo e dai sacerdoti.Jésus tentation au désert Tutte le caste ti onoreranno e ti serviranno perché Tu sarai il Potente, l’Unico, il Signore. Adorami, un solo istante! Toglimi la sete che ho di essere adorato! E’ questa che mi ha perduto. Ma è rimasta in me e mi brucia dentro. E’ il mio  inferno, questa sete. Un istante, un solo istante, o cristo, Tu che sei buono! Un istante di gioia per l’eterno torturato! Fammi provare che cosa vuol dire essere Dio  e ti sarò devoto, obbediente come uno schiavo per tutta la vita, per tutte le tue imprese. Un istante! Un solo istante e non ti tormenterò più! E Satana si getta in ginocchio a supplicarlo.

Gesù, invece, si alza. Il suo volto è terribile di severità e di potenza. I suoi occhi sono due zaffiri che gettano fiamme. La sua voce è un tuono che si ripercuote sulle rocce della terra desolata quando dice: “Vattene Satana! Sta scritto: Adorerai il Signore Dio tuo e servirai lui solo.”

Esaurite tutte le forme di tentazione, Satana, con un urlo straziante di dannato e di odio inesprimibile salta in piedi. E poi sparisce con un nuovo urlo di maledizione, per ritornare al tempo stabilito *  Dal Centro Editoriale Valtortiano, Isola del Liri, Italia, L’Evangile tel qu’il m’a été révélé, Maria Valtorta, T. 2 p. 22 e seg. (estratti). Una parte dell’analisi che segue è estratta dalla stessa opera, p. 27 e seg. E anche p. 233 e segg. .”

Gesù si siede. Quest’ultima prova al termine di quaranta giorni di privazione lo ha sfinito. Ma l’evangelista ci precisa che “degli angeli si avvicinarono e lo servivano”. (Mt 4 11).

Chi è Satana? Come riconoscere la sua influenza ?

Satana è un angelo che ha deviato. Ma, innanzitutto, che cosa à un angelo?

ange de lumièrePrima di creare gli uomini, Yahvé Dio aveva creato gli angeli. Armate celesti, esseri di natura spirituale il cui ruolo è di servire Dio e gli uomini dalla loro creazione. Il servizio è la loro funzione generale. Tuttavia, alcuni angeli ricevono dei compiti specializzati, cosa che ci fa capire, tra l’altro, che tra di loro esiste una gerarchia. Nei due Testamenti troviamo l’angelo Raffaele, “Dio guarisce” (Tb 3 16-17, 12 14-15), l’angelo Gabriele, “eroe di Dio” (Dn 8 16, 9 21. Lc 1 26), o ancora l’angelo Michele, “che è come Dio” (Dn 10 13-21, 12 1). L’angelo Michele è il principe di tutti gli angeli.

Satana, come abbiamo già detto, è un angelo decaduto. Doveva occupare un posto molto importante nella gerarchia celeste. Ma un orgoglio folle gli ha “montato la testa”. Ha voluto diventare pari a Dio ed anche, se possibile, prendere il suo posto. Non voleva più servire, ma essere servito. Non voleva adorare la “Parola divina”, ossia accettare, adorandola, la rivelazione del “Pensiero eterno” che in seguito si sarebbe incarnato e fatto uomo *  L’opinione secondo la quale Dio ha rivelato agli angeli dopo la loro creazione il mistero dell’Incarnazione del Verbo ed ha loro imposto di adorarlo, può invocare in suo favore diversi indizi biblici (Lc 2 8-15; Jn 8 44; 1 Jn 3 8; Heb 1 6; Gal 4 4; 1 Tim 316) ed in particolare l’Apocalisse (12 3-4). Un secondo segno apparve nel cielo: di fronte alla “donna” che stava per partorire apparve un dragone, dal colore del fuoco, con sette teste e dieci corna e sette diademi sulle teste (v. 3);  la sua coda trascinava la terza parte delle stelle del cielo e le precipitò sulla terra (v. 4). Questo “dragone” con i suoi ribelli fa pensare che il mistero dell’Incarnazione del verbo sia stato rivelato agli angeli fin dalla loro creazione. Gli angeli si divisero subito in due campi: alcuni (un terzo), con a capo Lucifero (il “dragone”) rifiutarono di adorare il Verbo incarnato e furono precipitati nell’inferno; invece gli altri, con a capo l’arcangelo Michele, l’adorarono e vennero ammessi alla visione beatifica. Gabriel M. Roschini O.S.M., La Vierge Marie dans l’œuvre de Maria Valtorta, ed. M. Kolbe e de. Pisani 1984, nota 1, p. 90. . Voleva essere adorato. E’ riuscito a coinvolgere una grande quantità di altri angeli. Ne è sorto un combattimento e Satana e gli altri angeli malvagi sono stati scacciati dal cielo. Ma colui che viene chiamato anche col nome di Belial non ha desistito. L’antico Serpente è diventato l’avversario, l’accusatore, il nemico. Da quando Dio ha creato l’uomo, Satana non fa altro che continuare la sua opera: la divisione degli esseri (il contrario dell’amore e dell’unione fraterna) e la morte dell’opera divina, ossia della creazione. Personifica veramente la negazione di Dio.  Mentre Dio è Verità, Satana non è altro che Menzogna. Mentre Dio è la Vita, Satana è soltanto morte. Mentre Dio è Amore, Satana non è altro che odio.Ange des ténèbres

Ma è soltanto un angelo decaduto e sarebbe errato riconoscergli dei poteri soprannaturali. Non ne ha. Satana non può fare nulla, da solo, contro l’uomo, soltanto tentarlo con tutti i mezzi per farlo cadere nel peccato e separarlo da Dio. Così, non bisognerebbe vedere il Diavolo in ogni azione o in ogni avvenimento che non è gradevole da vivere. Se faccio un giro in bicicletta e si buca una gomma, non devo vedere in questo l’opera di Satana. Semplicemente, se la gomma si buca, è perché era vecchia o perché la ruota della mia bici ha scontrato un oggetto tagliente. In questo non c’è niente di satanico. Invece, se vedo due persone, due nazioni, o due etnie che sono divise e si straziano a vicenda, allora in questo si può vedere l’influenza di Satana. Non dimentichiamo mai che il diavolo è colui che divide, e quando c’è una divisione si può indovinarlo all’opera.

Siccome Satana non può fare niente da solo contro l’uomo, lo tenta per condurlo a delle azioni malvagie. Così, e prima di sottolineare il modo in cui procede Gesù per resistere alle tentazioni di Belial, vediamo un po’ come agisce Satana per tentarci.  

La benevolenza di Satana?

Satana si presenta sempre con un’esteriorità simpatica, con un’apparenza inoffensiva ed, in ogni caso, con un aspetto ordinario. In realtà, segue costantemente uno schema identico nelle tentazioni che egli provoca. Le tentazioni che ha fatto a Cristo, che ricapitolano tutte le forme di tentazione (Lc 4 13), seguono lo stesso schema  di quelle fatte ad Adamo e ad Eva. Fermiamoci qualche istante su queste forme di tentazione per poterlo conoscere meglio e, in tal modo, saper resistergli meglio.

Le due strade che prende più comunemente il Demonio per arrivare alle anime, perché sono le anime che gli interessano, sono l’attrazione carnale e l’ingordigia, ingordigia nel senso peggiore del termine, ossia l’intemperanza, la fame insaziabile di qualche cosa. In effetti, Satana comincia sempre dal lato materiale della natura. E’ quanto ha fatto con Adamo ed Eva: “E’ vero che Iddio vi ha detto: non mangiate del frutto di tutti gli alberi del giardino?” La donna rispose al serpente: “Noi possiamo mangiare del frutto degli alberi del giardino; solo del frutto dell’albero che è nel mezzo del giardino, Iddio ha detto: non ne mangiate, anzi, non lo toccate, altrimenti morrete!”. “La donna intanto vide che l’albero era buono a mangiarsi, piacevole all’occhio...” “… e ne mangiò” (Gen. 3). Ed oggi, quante volte veniamo sottoposti alla tentazione da delle immagini avvilenti, o dalla profusione di prodotti di consumo sempre più indispensabili al nostro benessere personale? Quando uno è ben cosciente della posta in gioco, ossia la nostra anima, può capire meglio i termini apparentemente molto rigorosi di Francesco nella prima lettera ai fedeli (nel capitolo che tratta di coloro che rifiutano la vita di penitenti): “Ma tutti coloro… che si abbandonano ai vizi e ai peccati, che seguono la china verso il male ed i cattivi desideri della loro carne… che fanno del loro corpo lo schiavo del mondo, dei desideri carnali, delle ambizioni di quaggiù e delle preoccupazioni di questa vita: prigionieri del diavolo, di cui sono i figli e di cui compiono le opere, sono dei ciechi perché non vedono la vera luce: nostro Signore Gesù Cristo…  Ma fate attenzione, ciechi: vi siete lasciati sedurre dai vostri nemici, che sono la carne, il mondo e il diavolo, perché commettere peccato è gradevole per il corpo, ed è molto amaro servire Dio…”  (1 L 3 6 »-69).   La virtù da coltivare per resistere a questa forma di tentazione è la purezza *  “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” Mt 5 8. Questa beatitudine si realizza già sulla terra. Coloro i cui sensi non turbano il pensiero, “vedono” Dio e lo sentono già, lo seguono e lo mostrano agli altri. , anche se il mondo deride coloro che sono puri *  Quelli che sono insozzati dall’impurità, attaccano coloro che sono puri. Giovanni Battista sarà una vittima della lussuria di due esseri depravati. Mc 6 17-29.. Una volta che Satana ha smantellato ed asservito il lato materiale dell’uomo, dirige l’attacco verso la parte superiore: il lato morale e, infine, lo spirito.

Adam et Eve jardin d'Eden

Il lato morale: è il pensiero, con le sue brame ed il suo orgoglio. Anche in questo, la somiglianza tra il peccato originale e la tentazione di Gesù nel deserto è sorprendente. “Allora il Serpente disse alla donna: “No, voi non morrete; anzi, il Signore sa che, qualora ne mangiaste, si aprirebbero gli occhi vostri e diventereste come Dio, conoscitori del bene e del male”. La donna intanto aveva osservato che l’albero era… desiderabile per acquistare il sapere. Colse quindi del frutto, ne mangiò e ne dette anche a suo marito che era con lei ed egli ne mangiò.” (Gn 3 4-6). Qui vediamo bene le brame della prima coppia: “conoscere il bene ed il male” e questo folle orgoglio: “diventare come Dio”. Gesù non è stato tentato di meno.

In effetti, mentre la prima tentazione era fatta al giovane che soffriva la fame, la seconda puntava alla seduzione del Messia. Il motivo presentato dal diavolo era un pretesto: la conversione degli uomini attraverso la realizzazione di un miracolo che “riempirebbe gli occhi”. In realtà, in tal modo spingeva Cristo ad auto glorificarsi del fatto di essere il Messia, e questo per spingerlo ad un’altra concupiscenza: quella dell’orgoglio. Ricordiamoci che la virtù da coltivare per resistere a questa forma di tentazione è l’umiltà.

Lo spirito: è la più orribile delle tentazioni perché, se uno soccombe, comporta una grave rottura tra l’uomo ed il suo Creatore. E Dio, non lo diremo mai abbastanza, è amore. La rottura provocata da questa tentazione toglie dal cuore dell’uomo l’amore ed il timore di Dio. Nel giardino dell’Eden, il serpente accusa Dio di essere, nello stesso tempo, menzognero e calcolatore. E lo fa molto sottilmente.: “No, voi non morrete; anzi, il Signore sa che qualora ne mangiaste, si aprirebbero gli occhi vostri e diventereste come Dio”. Il fatto che Adamo ed Eva credano a questa vile menzogna del serpente comporta l’innesco della rottura. Dubitano di Dio. Credono che Dio abbia mentito, lui che non è altro che Verità. Da figli di Dio, si fanno figli del diavolo e ne adottano gli stessi vizi, ossia la menzogna e l’accusa degli altri. Allora spariscono l’amore che c’è nei cuori ed il timore di Dio a tal punto che viene accusato anche Dio di essere in parte responsabile dell’errore commesso. Riprendiamo il testo della Genesi al momento in cui Dio chiede: “Chi ti ha fatto conoscere che eri nudo? Non hai forse mangiato dell’albero che ti avevo proibito di mangiare?” A questa domanda, l’uomo rigetta il peccato commessa su due persone: il suo prossimo e Dio. Lui non è responsabile: “E’ stata la donna che mi hai dato per compagna che mi ha presentato del frutto dell’albero ed io ne ho mangiato”. Con questa frase, Adamo accusa Dio di aver messo una donna accanto a lui, perché, se Dio non gli avesse dato una donna, allora, sottintende, questo problema non ci sarebbe stato. In questo racconto della caduta originale, Satana ha, perdonatemi l’espressione, vinto tutto. Ha tentato la prima coppia, creata all’immagine di Dio, per uccidere l’amore, per separare l’uomo dal suo Creatore e   creare la divisione nella coppia stessa. Con la prima coppia, arriverà ai suoi fini *  E non soltanto la prima coppia. Il popolo della Bibbia soccomberà frequentemente a queste tentazioni e dubitare del suo creatore, che gli manda del cibo (la manna e le quaglie – Ex. 16 1-16) e gli procura l’acqua (Ex. 32 1-7). Ciononostante, il popolo adorerà il vitello d’oro (Ex. 32). . Il tentatore inseguirà un identico obiettivo con Gesù Cristo: “Il diavolo lo trasportò di nuovo sopra un monte altissimo, gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro magnificenza, poi gli disse: “Tutto questo io ti darò, se ti prostri e mi adori”.  Alla fine, il demonio tenta Gesù con l’oro. L’oro, questa chiave che apre molte porte, questo mezzo di corruzione, questo alfa ed omega di innumerevoli azioni umane. Per la fame di pane e di donne, l’uomo diventa ladro. Per l’orgoglio e l’amore di potenza, l’uomo va fino all’omicidio. Ma per l’oro, diventa idolatra. E Satana ha offerto l’oro a Gesù affinché lo adori. Gesù lo trafigge, allora, con parole eterne: “Adorerai il Signore tuo Dio e servirai Lui solo”. La virtù da praticare per resistere a questa forma di tentazione è la carità *  La carità è una virtù teologale. E’ l’amore di Dio e del prossimo. .

Dopo aver visto l’obiettivo dell’avversario e come fa per raggiungerlo, analizziamo più in dettaglio come Gesù procede per resistere alle diverse tentazioni cui Satana lo sottopone.

Il comportamento di Gesù di fronte a Satana

Silenzio e preghiera.

Silenzio, perché è inutile discutere con Satana. E’ forte nella sua dialettica ed uscirebbe vittorioso in una discussione. Gesù interviene soltanto nel momento in cui Satana insinua di essere Dio e per questo si serve della Parola di Dio. Fare ricorso a Dio, non con delle parole scritte su dei fogli, ma inscritte nei cuori. Questo è il modello che Gesù ci propone.

La preghiera. Reagire alle seduzioni del Maligno grazie alla preghiera rivolta a Dio, perché la preghiera unisce a Dio e fa scendere la sua forza nel cuore dell’uomo.

Così, quando si ha la volontà di vincere Satana, la fede in Dio e nel suo aiuto, la fede nella potenza della preghiera e nella bontà del Signore che ne scaturisce, allora Satana non può farci del male.

E’ giustamente in preghiera che noi ritroviamo ora il giovane Francesco Bernardone nel corso di questo inverno 1205…

LA CHIAMATA DI FRANCESCO

San Damiano

François d'Assise Saint Damien

Soprattutto dopo l’episodio dell’incontro con il lebbroso, Francesco ama ritirarsi da solo per pregare. Si affeziona in particolare ad una piccola cappella che conosce fin dalla sua più tenera infanzia. Questa si trova situata a qualche centinaia di metri dalle porte della città di Assisi e non è quasi più frequentata che da qualche raro fedele. Quando va a pregare in questa piccola cappella dedicata a San Damiano, Francesco si unisce a Dio. Passa delle ore davanti ad un crocefisso, in silenzio. Si può facilmente immaginare che egli venga in questa cappella per pregare, perché, francamente, quando i vede lo stato di questa mezza rovina, non si può certo pensare che venga per riscaldarsi: ogni volta che piove, il tetto lascia passare l’acqua ed il vento penetra all’interno dai buchi nei muri provocati dallo sgocciolio delle acque. Tuttavia, nel freddo e nella penombra che regnano in questo santuario, c’è Francesco. Prega intensamente già da qualche ora e, tutto ad un tratto, una voce rompe il silenzio: “Va, Francesco, e ripara la mia casa che, come vedi, cade in rovina!” Francesco è stupefatto. Questa voce che ha appena sentito è venuta dal crocifisso di cui ha visto muoversi le labbra. –Francesco trema con tutto il suo corpo tanto la sorpresa e lo stupore sono grandi. Immaginate: in questa cappella non si sentiva mai nessuno perché era praticamente abbandonata dagli uomini. La’, ode qualcuno che si rivolge a lui e questo qualcuno è Il crocifisso! Nessuno gli sta facendo uno scherzo per divertirsi. Ha visto le labbra del crocefisso muoversi e pronunciare questo curioso invito: “Va, Francesco, e ripara la mia casa che, vedi, cade in rovina!” No, non è il freddo che fa tremare il nostro piccolo Francesco; è il timore di Dio, come Mosè che si vela il volto quando sente Dio che gli parla dal roveto ardente: “Sono io il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe” (Ex 3 6). Francesco è quasi smarrito, incapace di parlare. Poi vede i buchi nel tetto della cappella, quei buchi che lasciano passare l’acqua. Vede i miri che crollano, quei muri bucati che lasciano passare il freddo. Riparare la casa che cade in rovina. Queste parole gli tornano in mente incessantemente. Ormai, Francesco ha un solo desiderio: riparare la casa che cade in rovina. E’ quello che farà. Francesco obbedisce e concentra tutte le sue forze per eseguire la parola del crocefisso.

L’uomo nuovo

Ma per riparare una cappella, ci vogliono calce, pietre e strumenti. In breve, ci vogliono dei soldi! Francesco comincia a cercare il denaro là dove ne ha sempre trovato per organizzare delle feste con i suoi amici, là dove ne ha trovato qualche mese prima per armarsi come un cavaliere: nella casa di famiglia. Prende qualche stoffa, la vende e dona il denaro al prete che provvede al servizio nella cappella. Quest’ultimo, prudente e accorto, rifiuta il denaro che gli offre Francesco. In effetti, è stato prudente, perché Pietro Bernardone, che fino ad allora aveva sempre chiuso un occhio sulle folli spese del suo primogenito, si rivolta violentemente. Dopo aver messo mano su suo figlio Francesco, lo trascina di fronte al Vescovo di Assisi per ottenere una riparazione, ossia un rimborso. Forse, lo fa meno per desiderio della somma in lite, che per la volontà di riportare suo figlio nei propri disegni. Tuttavia, il seguito degli avvenimenti non andrà come desidera. Davanti alla sala gremita del tribunale ecclesiastico presieduto dal Vescovo di Assisi, non soltanto Francesco rende la somma controversa a suo padre, ma, in più, si spoglia completamente delle sue vesti dicendo: “In tutta libertà, ormai, potrò dire: Padre nostro che sei nei cieli! Pietro Bernardone non è più mio padre, e non gli rendo soltanto questo denaro qui, ma anche tutti i miei vestiti. Andrò nudo all’incontro del Signore! *  2 C 12”. Attraverso questo gesto che scuote numerosi presenti, Francesco non testimonia soltanto il cambiamento spirituale che si è compiuto in lui, ma anche il profondo cambiamento sociale che ne comporta. Con quest’atto e con queste parole, Francesco rinuncia pubblicamente alla futura eredità dei beni familiari.

François d'Assise dépouillement devant l'Evêque

Da questo momento, Francesco prende l’abito da eremita: un drappo ruvido, i piedi appena coperti, un bastone in mano ed una cintura di cuoio. Una cosa, tuttavia, lo distingue dagli altri eremiti: ritorna sovente in città per mendicare delle pietre per il restauro della cappella San Damiano e dell’olio per le lampade della chiesa. In questo modo, molte persone lo osservano, un po’ intenerite. Ma molti lo disprezzano e lo deridono. Immaginate! Lui, il figlio di uno dei notabili di Assisi, andare di porta in porta per mendicare delle pietre, quando non chiede del pane per nutrirsi! No, veramente, ah – ah – ah – è troppo ridicolo!

 Questo fatto, che è molto più facile a raccontarsi che a viversi, merita di essere sottolineato: Francesco fa ciò che dio gli chiede, o almeno, quello che lui ha capito, davanti a tutte le persone che lo hanno visto nascere e crescere. Si, questo tempo di restauro di edifici religiosi, che durerà dal 1206 al 1208 è un periodo difficile per Francesco. Questo tempo gli insegna a vincere i suoi sensi. Il “rancio”  che riceve nel corso del suo mendicare gli da talvolta delle nausee, talmente l’“intruglio” offerto sembra piuttosto più adatto al pollame o ai porci. Questo tempo gli insegna anche a rinunciare al suo piccolo e personale “Io”: un giorno, mentre mendica dell’olio, arriva davanti ad un gruppo di giocatori, probabilmente di vecchi amici, e là si tira indietro, rosso di vergogna. Poi ci ripensa, si presenta davanti all’assemblea e confessa pubblicamente il suo peccato.

Francesco d'Assisi

Una volta restaurata la chiesa di San Damiano, Francesco si mette a riparare un secondo edificio, la chiesa di San Pietro, poi un terzo, la cappella della Porziuncola dedicata alla Santa Vergine *  Tommaso da Celano precisa: “dedicata alla beata Vergine, madre di Dio…” 1  C 21.. Francesco preciserà nel suo testamento, questa volta alle chiese: “Ed il Signore mi diede una grande fede nelle chiese, fede che espressi con la formula di una preghiera molto semplice:  - Noi ti adoriamo, o Signore Gesù Cristo, qui e in tutte le chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo perché con la tua Santa Croce hai redento il mondo.” *  Test 4 - 5 Quando ebbe finito il restauro di questa terza cappella, accadde un nuovo avvenimento molto importante.

Il Vangelo

E’ il 24 febbraio 1209, giorno della sesta di San Matteo *  O il 12 ottobre 1208, giorno della festa di San Luca. e Francesco assiste alla messa nella cappella della Porziuncola che ha appena restaurato. Le parole del Vangelo lette dal sacerdote lo colpiscono. Ecco la pagina del Vangelo:  “Chiamati  a se i dodici discepoli, … li inviò dopo aver dato loro queste istruzioni: “ …Predicate dicendo: “Il regno dei cieli è vicino”. Guarite i malati, resuscitate i morti, mondate i lebbrosi, scacciate i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non prendete né oro, né argento, né moneta nelle vostre cinture; né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né calzari, né bastoni, perché l’operaio merita il suo nutrimento.

In qualunque città o villaggio entrerete, informatevi se vi è qualcuno degno e dimorate presso di lui fino alla vostra partenza. Entrando nella casa, salutatela; e se la casa ne è degna, scenda la vostra pace sopra di essa; ma se non ne è degna, ritorni la vostra pace a voi…” (Mt 10 1-13).

Francesco aveva udito molte volte queste parole, ma mai le aveva ricevute come oggi. E grida: “Ecco ciò che voglio, ecco ciò che cerco, ciò che desidero ardentemente compiere dal più profondo del mio cuore!” *  1 C 22 E “immediatamente, Francesco, ebbro di felicità, passa alla realizzazione di quanto ha appena ascoltato: si slaccia le calzature, abbandona il suo bastone, tiene una sola tunica e cambia la sua cintura con una corda… Applica anche gli altri insegnamenti con molta cura. Non è sordo, quando viene letto il Vangelo, ma affida alla sua bella e buona memoria tutto quello che sente e si applica con coscienza per compierlo alla lettera.” *  Ibidem (estratti)

Francesco d'Assisi  Tuttavia, in questo fresco mattino di febbraio, con il cuore tutto illuminato dal Vangelo che ha appena sentito, Francesco è lontano dall’immaginare l’importanza della sua scoperta per l’avvenire della chiesa. Non pensa né agli eretici, né alla crociata che il Papa si prepara a lanciare contro di loro. Non pensa ad altro che a rispondere personalmente alla chiamata del Signore. E tuttavia, decidendo di seguire questo testo alla lettera, compie un atto di una portata immensa; si impegna su una strada nuova, che sarà quella dell’incontro del vangelo con il mondo nuovo dei comuni. A dire il vero, è tutta la sua epoca che, quel mattino, attraverso di lui, riceve il Vangelo con tutto il cuore e grida “Ecco quello che cerco, ecco quello che desidero!…”

Lasciamo Fratello Eloi LECLERC commentarci i tre elementi che si distinguono con forza nel testo e che strappano Francesco alla sua vita di eremita per gettarlo sulle strade, all’incontro degli uomini e della storia *  A parte qualche piccolo adattamento, i commenti seguenti, e alcuni dei precedenti, sono estratti dall’opera di Eloi LECLERC O.F.M., Francesco di Assisi – Il ritorno al Vangelo, Desclée De Brouwer 1986, Ch. 5: Il Vangelo ritrovato. .

Gesù li inviò in missione

In una Cristianità solidamente installata e votata all’immobilismo del sistema feudale, questo Vangelo risuona stranamente come una chiamata alla mobilità, alla vita itinerante. I discepoli sono invitati a mettersi in strada ed a percorrere il mondo, proprio come i mercanti ambulanti dell’epoca. In realtà, bisognava proprio essere mercante, o figlio di mercante, per sentire questa chiamata nella sua novità e nella sua attualità. Il fatto è che alla lettura di questo testo Francesco ha le gambe che non stanno più ferme; ha un solo desiderio, una fretta: partire, percorrere il mondo a grandi falcate di paradiso. In una Chiesa appesantita dalle sue immense proprietà terriere e che ha delle vere e proprie suole di piombo, lui ritrova la leggerezza e l’allegria del cammino, lo slancio della giovinezza, la gioiosa impazienza del messaggero. Nello stesso tempo, lascia ogni tipo di installazione territoriale, volge la schiena ad ogni tipo di dimora fissa, ad ogni feudo. Rompe con il sistema politico – religiose del suo tempo, quello delle signorie della Chiesa e dei “benefici”. Riscopre il Vangelo come moto di Dio verso gli uomini. In breve, ritrova la missione.

Né oro, né argento

Nel contesto dell’epoca, l’esigenza di povertà, qui formulata da Cristo, acquista tutto il suo rilievo ed il suo mordente: “Non procuratevi né oro né argento…” L’oro e l’argento! In questo secolo di ritorno all’oro e all’argento, Dio sa se queste parole risuonavano alle orecchie di Francesco! Lui, figlio di un ricco  mercante di stoffe, conosceva bene il l’importanza della preziosa moneta nella società. E non soltanto nella vita economica, dove giocava un ruolo crescente negli scambi, ma anche nella vita sociale, sul piano delle relazioni umane. Gli uomini erano sempre più apprezzati in base ai loro averi in monete sonanti e traboccanti. I rapporti umani diventavano rapporti di denaro. Nuovi simboli della ricchezza, l’oro e l’argento si imponevano come nuovi strumenti di potere, come era stata la terra nell’antica società feudale. Chi li possedeva, dominava gli altri. I ducati ed i fiorini occupavano il primo posto. Erano questi che trasformavano il movimento comunale ed il suo ideale di associazione in una serie di rivalità e di conflitti tra le città; loro, ancora, generavano, nel cuore di ogni comune, le nuove ineguaglianze sociali e le nuove forme di oppressione. Là dove regnavano l’oro e l’argento, finiva la fraternità tra gli uomini.

Bisognava quindi prendere molto sul serio l’esigenza evangelica. Bisognava seguirla alla lettera. Francesco andrà verso il mondo delle città, questo mondo di mercanti, di cambiavalute e di banchieri, ma, come vero discepolo di Cristo, rifiuterà assolutamente ogni rapporto con questo nuovo idolo. Soltanto a questa condizione potrà annunciare la Buona Novella.

E qual è, quindi, questa Buona Novella?

La pace messianica

Gesù disse ai suoi discepoli: “In ogni casa in cui entrerete, direte: “Pace a questa casa”. Se vi si trova un figlio della pace, la vostra pace riposerà su di lui; altrimenti, ella tornerà a voi.” (Lc 10 5-6). La Pace! Ecco il messaggio. Evangelizzare è, innanzitutto, annunciare la Pace, la grande Pace messianica, che riconcilia gli uomini con Dio e che deve anche riconciliare gli uomini tra loro, trasformando le loro relazioni, liberandoli da ogni schiavitù. Questa pace può essere annunciata soltanto da uomini senza cupidigie e puri da ogni volontà di potenza. Il mondo degli uomini è un campo di lotta. Il messaggero del vangelo non deve apparire come un rivale o un concorrente nella corsa alla ricchezza e al potere. La povertà è, ella sola, il cammino che lo condurrà verso una comunione fraterna con tutti gli uomini e, in primo luogo, con i più diseredati.

Tale è il Vangelo che mette in movimento Francesco non appena lo ha sentito. “Circolava attraverso città e borgate, racconta Tommaso da Celano, annunciava il regno di Dio e predicava la pace *  1 C 36…” Cominciava ogni sua predica con questo augurio di pace: “Che il Signore vi dia pace”. Ogni volta offriva questa pace, con convinzione, agli uomini, alle donne, a tutti coloro che incontrava o incrociava sulla sua strada. E questo ebbe sovente per effetto, con la grazia del Signore, di condurre quelli che, refrattari alla pace erano nemici della loro propria salvezza, ad abbracciare la pace con tutto il cuore e diventare anch’essi figli della pace *  1 C 23

Fino alla fine della sua vita, Francesco resterà fedele a questa missione di pace. Un testimone, l’arcidiacono Tommaso da Spalato, ci descrive, dal vero, la predicazione evangelica di Francesco: “Quell’anno (nel 1222) io risiedevo allo Studium di Bologna; il giorno dell’Assunzione, ho visto San Francesco predicare sulla piazza, davanti al palazzo pubblico. Quasi tutta la città vi si era riunita. La sua predicazione non faceva parte del grande genere dell’eloquenza sacra. Si trattava, piuttosto, di arringhe. Durante tutto il suo discorso, parlò del dovere di far cessare gli odi e di concludere  un nuovo trattato di pace. Era mal vestito, ed il suo volto non era bello. Ma Dio diede un potere tanto grande alle sue parole che esse portarono la pace in numerose famiglie signorili, straziate, fino a quel momento, da vecchi odi, crudeli e furiosi fino all’assassinio *  Historia Salonitarum, MGH, XIX, 580 Lemmes, Testimonia minora, p. 10. .

Francesco d'Assisi

Il rinnovamento evangelico.

Nella testimonianza precedente, vediamo Francesco che, durante la sua predicazione, va diritto a ciò che gli sembra l’essenziale: le relazioni tra gli uomini. E’ così che il Vangelo entra nella vita. Non esiste una rinnovazione evangelica senza un rinnovo dei rapporti umani. Bisogna innanzitutto abbattere il muro di odio, di disprezzo, di indifferenza che separa gli uomini di una stessa città, di uno stesso paese, ed instaurare tra di loro una vera fraternità.

Ora, come fa Francesco ad arrivare a questo risultato? Non camuffa i conflitti; e non li annega in una mistica vaporosa e disincarnata. Conosce le aspirazioni profonde degli uomini del suo tempo a delle nuove relazioni sociali. E si basa precisamente su queste aspirazioni. Rivolgendosi a tutti gli abitanti di una stessa città li invita, dice Tommaso da Spalato, c “concludere un nuovo trattato di pace”, un nuovo patto sociale. Questo figlio del paese conosce i suoi argomenti.

La pace di cui parla Francesco non si riduce, chiaramente, ad uno stato d’animo. Non può esistere una pace effettiva e durevole se non nel rispetto dei diritti di ciascuno, dei diritti riconosciuti ed inscritti in una carta, in un trattato o in un protocollo di accordo. E’ l’epoca delle carte di libertà. Francesco ritorna alla prima ispirazione dei comuni: allo spirito di associazione e di fraternità. Ma lo fa comunicando alla giovane società delle città un soffio nuovo.

Qual è questo soffio capace di far cadere i muri di separazione e di ravvicinare gli uomini? La priorità di ogni azione evangelica, Francesco d'Assisied anche il miglior criterio per rilevarne l’autenticità, sarà sempre di far scoppiare in piena luce quanto la Buona Novella racchiude di più meraviglioso, e anche, al limite, di scandaloso, riguardo al mondo, ossia: Dio, nel suo Figlio, ha voluto aver a che fare con i peccatori, gli esclusi, i reprobi. Si è messo alla ricerca di coloro che erano perduti, si è avvicinato ai più lontani, si è fatto loro amico ed ha mangiato con loro in segno di riconciliazione. Ecco il cuore della Buona Novella. Ma un tale messaggio no può essere semplicemente l’oggetto di un discorso; non si lascia rendere pubblico dall’alto di una cattedra o di una tribuna. Si svela attraverso un comportamento, nell’impegno di un’esistenza. Si esprime nella sensibilità e nell’attenzione di tutti i giorni alla miseria degli uomini. Si comunica nell’amicizia, in una sorta di complicità fraterna. E’ precisamente questo che i contemporanei scoprivano in Francesco. Quest’uomo di Dio non si metteva al di sopra di loro. “Tra i peccatori - scrive Tommaso da Celano – appariva come uno di loro. *  1 C 83” Era veramente loro amico. Ed in questa amicizia, gli uomini meno raccomandabili, così come gli esclusi, capirono che Dio si era avvicinato loro: nessuno era ripudiato. Ebbero improvvisamente la certezza che, nonostante le loro miserie, erano anch’essi amati da Dio, riconciliati con lui. A questi uomini sconvolti da questa rivelazione, Francesco poteva dire: “Lui vi ha perdonato, fate la stessa cosa anche voi. Accoglietevi gli uni gli altri come Lui vi ha accolti.”

La casa ricostruita

Quando Francesco comincia a percorrere l’Umbria per annunciare la Buona Novella, l’Italia del Nord è infestata dai Catari. Il giovane predicatore non attacca di petto l’eresia: non perde tempo in polemiche. Ma, mosso dallo Spirito, diventa, spontaneamente, campione del Vangelo, lasciando trasparire agli occhi di tutti proprio ciò che l’aveva toccato e commosso nel più profondo del suo essere: l’insondabile umanità di Dio. Allora, accade un fatto unico: senza violenza, senza crociate, senza Inquisizione, le sette sparirono dall’Italia, “come degli uccelli notturni messi in fuga dai primi raggi del sole”. A questo fratello sole grazia al quale ci doni, o Dio altissimo, il giorno e la luce. E’ bello, splendente di un grande splendore e in Tuo nome ci invita ogni giorno a vivere il Vangelo.

VIVERE IL VANGELO

Adesso scopriremo i due articoli che costituiscono il cuore stesso della nostra regola. della nostra regola.

Articolo 4

La regola e la vita dei laici francescani è la seguente: VIVERE IL VANGELO di Nostro signore Gesù Cristo seguendo l’esempio di San Francesco d’Assisi, che fece di Cristo l’ispiratore ed il centro della sua vita con Dio e con gli uomini *  1 C 18 e 115. .

Cristo, dell’amore del Padre, è la via che conduce al Padre; è la Verità nella quale lo Spirito Santo ci fa entrare; è questa vita che è venuto a portare in abbondanza *  Giovanni 3 16, 14 6.

I laici francescani si applicheranno ad una lettura frequente del vangelo, passando dal Vangelo alla vita e dalla vita al Vangelo *  Vaticano II, Decreto sull’apostolato dei laici 30 h..

Vediamo che questo articolo 4 si compone di tre parti: dopo aver dato l’affermazione precisa della nostra Regola di vita, “VIVERE IL VANGELO”, noi riconosciamo i qualificativi che Cristo da’ di se stesso: “Io sono la Via, la Verità e la Vita”. Così, noi cominceremo l’approfondimento di questo capitolo attraverso lo studio di questi termini. Poi, proseguiremo con il Vangelo ed infine termineremo con l’ammonizione pratica che chiude queste linee.

Io sono

Noi troviamo nel Vangelo più di cinquanta *  Di cui più di quaranta nel Vangelo di Giovanni. parole in cui Cristo esprime “Io sono”, “sono Io”, o “Io lo sono”. Questi “Ego eimi” si presentano in due forme: assoluta o con una qualificazione. Prima di trattare dei qualificativi “Via, Verità e Vita”, soffermiamoci qualche istante su questa rivelazione dell’essere divino di Gesù nei Vangeli: “Io sono”.

Abbiamo potuto leggere nel capitolo I, nel paragrafo che parla dell’Incarnazione, che la riconciliazione tra Dio e gli uomini si realizza attraverso Cristo, Figlio di Dio, ossia, da Dio fatto uomo. Ora, Gesù non rivela brutalmente la sua  filiazione divina agli apostoli e agli uomini all’inizio della sua predicazione. Lo fa gradualmente e sovente in modo enigmatico. Guardiamo e ascoltiamo tre situazioni che si trovano nei Vangeli, in cui Gesù si rivela a noi come Dio e scegliamo, tra gli atteggiamenti adottati dai suoi contemporanei, quello da far nostro.  

Gesù domandò ai suoi discepoli: “La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?”. Essi risposero: “Alcuni dicono che sei Giovanni Battista, altri Elia e altri Geremia o uno dei profeti”. “Ma voi, domandò loro, chi dite che io sia?”. Rispose Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, Figlio del Dio vivente”. E Gesù a lui: “Beato te, Simone figlio di Giona, perché non la carne né il sangue ti hanno rivelato questo, ma il  Padre mio che è nei cieli…” (Mt 16 13-17). Non si misura mai bene questa professione di fede di Pietro. Rimettiamoci nel contesto. Pietro accompagna un uomo, di nome Gesù, ormai da molti mesi. Quest’uomo, è vero, compie dei prodigi e pronuncia delle parole straordinarie, ma appare agli occhi di tutti come un uomo, semplicemente come un uomo. E Pietro professa che Egli è il Cristo, Figlio del Dio vivente; afferma che quest’uomo che li ha scelti “è Dio”. A questa professione di fede di Pietro, Cristo sottolinea che questa rivelazione viene dal Padre che è nei cieli. “Attraverso la fede l’uomo (Pietro in questo momento) sottomette completamente la sua intelligenza e la sua volontà a Dio. Con tutto il suo essere l’uomo pronuncia il suo – si – a Dio Rivelatore… *  CEC § 143. ” Purtroppo, non tutti coloro che sono stati in contatto diretto con Gesù Cristo hanno adottato questo atteggiamento.

Jésus-Christ

Troviamo in San Giovanni tre affermazioni pronunciate da Gesù Cristo riguardo la sua natura divina. “Se non crederete che io sono, morrete nei vostri peccati” (Jn 8 24).”Io sono” è il nome divino rivelato a Mosè (Ex 3 14) e significa che il Dio di Israele è il solo e vero Dio (Dt 32 39). Ma un tale linguaggio resta, per gli uditori dell’epoca di Cristo, particolarmente oscuro. “E che il suo senso profondo sia sfuggito  quasi  completamente  agli uditori immediati, viene dimostrato dalla domanda che pongono subito dopo, non senza una qualche impazienza: “Chi dunque sei tu? La risposta data da Cristo a questa intimazione a spiegarsi (“Precisamente ciò che vi dichiaro”) manifesta la sua salda volontà di non dare la piena luce a delle anime incapaci di sopportarne lo splendore” *  Ricerche di Scienze Religiose 1966, Les EGO EIMI Christologiques du quatrième évangile, A. Feuillet, p. 17. La discussione continua ed egli lascia cadere questa seconda affermazione: “Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che io sono e che niente faccio da me” (Jn 8 28). Eh si! Dopo che avranno innalzato cristo sulla croce, capiranno che è… Colui che Dio aveva invitato per salvarli. Lo capiranno bene, quando si vedranno annientati come popolo, dispersi  tra i Gentili che si affrettavano a credere in Gesù.

La conversazione tra i Giudei increduli e Gesù termina con una nuova rivelazione: “In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, io sono” Allora, “dettero di piglio alle pietre per tirargliele”. (Jn 8 58-59). Questo mostra bene che gli ascoltatori hanno ben capito quello che dice Gesù. Il fatto che Gesù pretenda di avere una forma di esistenza divina, è, agli occhi dei Giudei, una bestemmia che merita la lapidazione. Ed è, tra l’altro, il fatto che affermi di essere Figlio di Dio che determinerà la sua condanna a morte. “Il Sommo Sacerdote lo interrogò: Sei tu il Cristo, Figlio del Benedetto?” – Gesù gli rispose: Io lo sono…” Allora il Sommo Sacerdote, strappandosi le vesti, esclamò: “Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Avete inteso la bestemmia! Che ve ne pare?” E tutti sentenziarono che era reo di morte.” (Mc 14 61-64).

Tuttavia, fin dalla morte di Gesù sulla Croce, viene pronunciata dai Romani  la constatazione della sua filiazione divina: “Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, veduto il terremoto e le cose che accadevano, ebbero gran timore e dissero:

“Costui era davvero il Figlio di Dio!” (Mt 27 54).  Questi Romani, questi  pagani sono scossi dagli avvenimenti di cui sono testimoni. “Un tale scotimento della coscienza può dare inizio ad una evoluzione interiore che sarà completata con l’azione della grazia *  CEC § 1453. .”

La Via

Sottolineiamo innanzitutto un’osservazione che sarà vera per i tre qualificativi che Gesù si da e che noi approfondiremo adesso: tutti e tre sono introdotti da un articolo definito singolare. Io sono la Via, la Verità, la Vita, e non : io sono una cammino (tra gli altri), una verità (tra altre verità), una vita (tra tante altre).

Io sono La Via: Ma una via, che cosa è? E a che cosa serve?

Crucifixion Jésus-Christ

In senso proprio, una via è una strada predisposta per andare da un luogo a un altro e , in senso figurato, è un mezzo che conduce ad un obiettivo. Il Cristo è questa via che ci conduce alla terra promessa. “Io sono il Signore, Iddio tuo, che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla casa di schiavitù” (Ex 20 2). Oh! Quanto, in verità, questo è vero con il Cristo. Da quale Egitto ci fa uscire, per condurci nella terra promessa, che non è la Palestina, ma il Cielo! Il peccato è in noi ed il peccato è la catena con cui Satana ci tiene. Il Cristo è venuto a spezzare la catena nel Nome del Padre e secondo la sua volontà. Cristo è venuto affinché si compia la promessa che non è stata capita: “Ti ho fatto uscire dall’Egitto e dalla schiavitù”. E’ con la venuta di Cristo che ha il suo compimento spirituale. Il Signore nostro Dio ci toglie dalla terra dell’idolo che ha sedotto i Primi Genitori, ci strappa dalla schiavitù del peccato, ci riveste di grazia, ci ammette nel suo regno *  Dal Centro Editoriale Valtortiano, Isola del Liri, Italia, L’Evangile tel qu’il m’a été révélé, Maria Valtorta, T. 2 p. 493.. Il regno è il luogo dove siamo invitati ad abitare. Cristo ha detto, la vigilia della sua passione: “E del luogo dove io vado, voi conoscete la via”. Ricordiamoci al risposta di Tommaso: “Signore, non sappiamo deve vai, come possiamo conoscere la via?” Gesù gli rispose: “Io sono la via, la verità e la vita; nessuno può vednire al Padre se non per me” (Jn 14 4-6).

La Verità

Io sono La Verità. La domanda che viene spontaneamente allo spirito è quella rivolta da Pilato a Gesù: “Che cosa è la Verità?” (Jn 18 38)

Nella domanda di Pilato indoviniamo un interrogativo di natura filosofica, non di natura teologica. Pilato è procuratore romano. E’  una persona colta. La verità, per lui, deve limitarsi alla conformità di ciò che si dice non ciò che si è. In se, questo non è un errore, ed in effetti, Gesù impiega sovente questa espressione per cominciare un’invocazione di cui vuol sottolineare l’importanza: “In verità, in verità vi dico…”Ma nella bocca di Gesù, lo stesso termine definisce soprattutto una persona: “Gesù rispose: “Tu l’hai detto, io sono re. Per questo sono nato e per questo sono venuto al mondo, per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”. (Jn 18 37). Possiamo tradurre: “Sono venuto al mondo per rendere testimonianza a Dio. Chiunque è di Dio ascolta la mia voce.” Si, non è audace tradurre “Verità” con “Dio”, perché “Dio è Verità”. “Dio è la Verità stessa, le sue parole non possono ingannare. Per questo ci si può abbandonare con una confidenza totale alla verità ed alla fedeltà della sua parola in ogni cosa. L’inizio del peccato e della caduta dell’uomo fu una menzogna del tentatore, che indusse a dubitare della parola di Dio, della sua benevolenza e della sua fedeltà *  CEC § 215..” Lo Spirito Santo, attraverso la sua azione permanente ed il suo intervento nella vita sacramentale, ci fa entrare nella Verità Divina.

La Vita

L’uomo chiama “vita” il tempo in cui, partorito da sua madre, comincia a respirare, a nutrirsi, a muoversi, a pensare e ad agire; e chiama “morte” il momento in cui cessa di respirare, di mangiare, di muoversi, di pensare, di lavorare, quando diventa una spoglia fredda ed insensibile, adatta alla tomba.  Ma questa visione delle cose non è esatta, perché c’è confusione tra “vita” ed “esistenza”. Tutto ciò che è appena stato elencato riguarda l’esistenza. Ora, la vita non è l’esistenza e l’esistenza non è la vita. La vita non comincia con l’esistenza e non finisce allo stesso tempo della carne. La vita di cui parla gesù Cristo non comincia nel seno materno. Comincia quando, nel Pensiero di Dio, nasce un’anima, creata da Lui, fatta per abitare una carne *  In questo senso, troviamo in Jr 1 4-5: La parola del Signore mi fu indirizzata per dirmi: Prima di formarti nel seno materno ti conobbi, e prima che uscissi dal seno di tua madre ti santificai e ti stabilii profeta presso le genti. . Finisce quando il peccato lo uccide. Così, la vita inizia prima della nascita. La vita, in seguito, non ha più fine, perché l’anima non muore, ossia non si annienta. Muore al suo destino che è celeste, ma sopravvive al suo castigo. Muore a questo destino beato quando muore alla Grazia. Questa vita, attanagliata da una cancrena che è la morte al suo destino, si prolunga lungo i secoli nella dannazione e nel tormento. Invece, questa vita, conservata così come è stata creata, raggiunge la perfezione della vita diventando eterna, perfetta, beata come il suo creatore *  Dal Centro Editoriale Valtortiano, Isola del Liri, Italia, L’Evangile tel qu’il m’a été révélé, Maria Valtorta, T. 2 p. 486 e 487. .

Adesso capiamo meglio il significato delle parole di Cristo: “Io sono la Vita”. Si, Egli è la vita perché ne è all’origine con il Padre e lo Spirito Santo ed Egli è anche l’Essere che ci permette di conservarla per l’eternità. Distinguere la vita dall’esistenza ci permette di capire anche altre parole di Cristo, dove si tratta della vita, per esempio “…chi avrà perduto la sua vita per amor mio, la ritroverà” (Mt 10 39) … questo significa che chiunque perderà la sua esistenza per causa mia, troverà la vita eterna.

Non possiamo chiudere questo studio senza citare Sant’Agostino:

        Io sono la Via, la Verità e la Vita! Cristo sembra dirci:

                Da dove vuoi passare? Io sono La Via.

                Dove vuoi arrivare?  Io sono La Verità.

                Dove vuoi abitare? Io sono La Vita.

Il Vangelo ed i vangeli

 L’articolo 4 della nostra regola ci invita a VIVERE IL VANGELO. Prima di trattare del significato della parola “vivere”, facciamo un po’ di semantica sulla parola Vangelo. In effetti, noi parliamo di vivere il Vangelo (al singolare), mentre sovente parliamo dei quattro vangeli. In questo caso, quale dei quattro vangeli bisogna vivere? La domanda fa sorridere, perché tutti indoviniamo la risposta da dare. La parola Vangelo, che significa “Buona Novella”, non designa mai un testo o un genere letterario nel Nuovo testamento. Si tratta dell’annuncio della Buona Novella della salvezza portata agli uomini da Gesù Cristo e di cui egli è il centro. Soltanto nel corso del dodicesimo secolo il termine ha cominciato a designare uno dei quattro testi sulla vita di Gesù durante il suo passaggio sulla terra. Non confondiamo, quindi, il Vangelo (con una maiuscola) ed i vangeli di cui ora parleremo brevemente.

Evangélistes

Quattro vangeli che portano, per distinguerli, il nome del loro redattore. Tuttavia, malgrado le loro somiglianze, che possono essere messe in parallelo (soprattutto per i primi tre), ogni redattore apporta un tocco personale nell’espressione. “Matteo ascolta ed argomenta; Marco guarda e racconta; Luca esamina ed espone; Giovanni rivive e comunica *  Lagrange e Lavergne, Sinossi dei quattro Vangeli in Francese, Librairie LECOFFRE J. GABALDA et Cie Editeurs 1993, p. 6. ”. Fermiamoci qualche istante per approfondire questo aspetto:

Sappiamo che Matteo e Giovanni sono testimoni oculari diretti degli avvenimenti che trascrivono. Infatti fanno parte dei dodici apostoli. Marco, quanto a lui, è discepolo di Pietro. Il suo scritto deriva quindi in parte da questo testimone oculare, in parte dalla catechesi orale

degli inizi della Chiesa. Quest’ultima si appoggiava essenzialmente sul Vangelo di Matteo (in ebraico). Luca, discepolo di Paolo, utilizza anche la tradizione di Giovanni,  nella quale trova numerosi elementi che arricchiscono considerevolmente il suo vangelo. Luca e Matteo sono i soli a parlare dell’infanzia di Gesù. Ma la diversità dei loro racconti dimostra che essi si basano su fonti diverse (Sembra che Luca abbia raccolto la testimonianza diretta della Santa Vergine). Giovanni, infine, scrive probabilmente l’ultimo dal punto di vista cronologico. Quando scrive il suo vangelo, è probabile che abbia sotto gli occhi almeno uno dei tre altri scritti.  Infatti, riporta soltanto pochi avvenimenti che si trovano già trascritti, ma insiste sul senso della vita, dei gesti e delle parole di Gesù. D’altra parte, in misura maggiore rispetto ai sinottici, integra il suo racconto nel quadro della vita liturgica ebraica.

Evangélistes

Per VIVERE IL VANGELO, dobbiamo conoscere i vangeli. Ora, anche se ad ogni messa ascoltiamo la lettura di un passo del vangelo, bisogna fare periodicamente una lettura “continua”. Se non ti è mai capitato di farlo, ti suggeriamo di leggere i racconti evangelici nel seguente ordine: prima il vangelo di Marco, poi Matteo, in seguito Luca ed infine Giovanni. E’  possibile  che  tu  scopra  dei  racconti  di  cui  ignoravi  l’esistenza. La liturgia domenicale  riporta, in effetti, nel corso dei tre anni liturgici, l’essenziale dei testi evangelici, ma alcuni di essi sono letti soltanto in settimana. E’ anche possibile che tu abbia già letto i vangeli, ma credi di aver assimilato tutto, di aver capito tutto, in modo che questo ti esoneri per sempre di rituffartici? Ricordati l’esempio di Francesco…

VIVERE IL VANGELO

Hai visto come è stata la chiamata di Francesco. L’avvenimento presenta qualche cosa che è insieme commovente e piacevole. Commovente, perché è sempre commovente vedere un’anima che si volge verso Dio. Piacevole, perché il modo in cui questo è accaduto non manca di fascino. A te, che leggi queste linee, ti è capitato spesso di trovarti davanti ad un crocifisso che ti parla e ti da una missione da compiere? A Francesco è capitato e bisogna ammettere che è ben poco banale. E lo è ancora meno il fatto che egli non percepisca il significato spirituale del messaggio divino. Lo comprende solo sotto un aspetto materiale. “Va, Francesco, e ripara la mia casa che, vedi, cade in rovina!” Noi potremmo pensare che un essere che riceve un messaggio dal cielo, apparentemente “cinque su cinque” dal punto di vista auditivo, debba veramente trascendere e capire miracolosamente di che cosa si tratti!

E beh, no! Francesco si applica per tre anni a restaurare delle chiese che cadono in rovina. Mai immagina che la casa che cade in rovina possa essere la chiesa con la “E” maiuscola. Il momento in cui lo capisce (finalmente), ed il modo in cui questo accade meritano veramente di essere sottolineati: Francesco capisce il messaggio del crocefisso di San Damiano:

  1. Durante una messa;
  2. Ascoltando il sacerdote;
  3. Durante la lettura del Vangelo del giorno;

sem-pli-ce-men-te.

        “Vivere il vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo”  non è prima di tutto, o solamente, un passaggio della nostra regola. Questa esortazione è la risposta pratica agli inviti di Dio Padre e di Maria Madre di Dio, riguardo alle parole e agli atti di Gesù Cristo:

                                “Ascoltatelo” (Mt 17 5)

ci dice il Padre sul monte Tabor. Vivere il Vangelo comincia dall’ascolto della Parola di Dio. E Maria ci precisa:

                                “Fate tutto ciò che vi dirà” (Jn 2 5)

Fare quello che Lui dice! L’“Ascoltatelo” del Padre sottintende già questa pienezza del fare, ma siccome noi siamo dei figli dalla testa spesso ben dura, la tenerezza materna di nostra madre ci precisa che non dobbiamo soltanto limitarci ad ascoltarlo, ma a fare. Infatti, Maria ci dice la stessa cosa di Dio Padre, ma semplicemente in maniera più femminile, anche se, pure lei, utilizza una forma grammaticale adatta ai bambini che siamo: nei due casi, si tratta di un imperativo plurale…

Passare dal Vangelo alla vita e dalla vita al Vangelo

Nella Bibbia, la “conoscenza” procede, non da un’azione puramente intellettuale, ma da un’“esperienza”, da una “presenza”. Fatta questa precisazione, noi comprendiamo meglio questa parola di Cristo che può sembrare molto enigmatica se ci si accosta al Vangelo sotto un aspetto puramente intellettuale: “La  vita eterna è questa, che conoscano te, solo vero Dio, e colui che ha i mandato, Gesù Cristo” (Jn 17 3). La vita eterna è, quindi, “sperimentare Dio”.

François d'Assise maçon

Hai notato che l’articolo 4 della nostra regola presenta per sei volte la parola vita. Questo indica la priorità che Francesco da’ alla vita rispetto alle teorie. Ma attenzione a non restringere, a rischio di deformarlo, ciò a cui siamo invitati. Non bisognerebbe accontentarsi di fare  riferimento ai vangeli nella propria vita. Perché non presenterebbe questo il rischio di ridurre la parola di Dio alla giustificazioni delle nostre azioni personali, delle nostre idee? Di passare da servi di Dio ad utilizzatori dei servizi di Dio?

Si tratta, piuttosto, di vivere il Vangelo seguendo l’esempio di San Francesco, che fece di Cristo l’ispiratore ed il centro della sua vita con Dio e con gli uomini. Per Francesco, il riferimento finale non si limita al racconto evangelico, ma resta il Cristo. Il Vangelo è, innanzitutto, testimonianza della vita di Gesù Crist, che è “la Via, la Verità e la Vita”.

Infine, termineremo sottolineando la congiunzione di coordinazione “e” che riunisce i due termini: “Passando dal Vangelo alla vita e dalla vita al Vangelo”. Dopo aver “ascoltato”, dopo aver “fatto tutto ciò che Egli ha detto”, il fratello secolare di San Francesco è invitato a compiere una revisione di vita: ho fatto nella mia vita di oggi tutto ciò che il Signore mi chiede? Così, anche se non è esplicitamente scritto nella nostra regola che noi siamo chiamati a diventare santi, il metodo proposto ci deve permettere di raggiungere la santità, di vivere veramente questa definizione del Cristiano data da San Paolo: essere Cristiano, “Non sono già più io che vivo, ma cristo che vive in me” (Ga 2 20).

Foule

Articolo 5

Cercheranno di scoprire la persona vivente ed agente del cristo nei loro fratelli, nella Sacra Scrittura, nella Chiesa, nella liturgia. Nella loro vita eucaristica saranno ispirati ed orientati da questa fede che faceva scrivere a San Francesco: “In questo mondo io non vedo niente sensibilmente dell’Altissimo Figlio di Dio, se non il suo santissimo Corpo ed il suo Sangue”.

Non analizzeremo subito in profondità il contenuto di quest’articolo. In effetti, abbiamo già avuto occasione di farlo con l’articolo 4 (per la Sacra Scrittura) ed avremo l’occasione di farlo quando abborderemo l’articolo 13 (per i fratelli), l’articolo 6 (per la chiesa) e l’articolo 8 (per l’Eucarestia). Ma allora questo vuol forse dire che il redattore della nostra regola ha commesso delle ridondanze inutili scrivendo più volte la stessa cosa in più punti diversi? No. Non ci sono ridondanze inutili. Infatti, mentre l’articolo 4 riguarda essenzialmente il nostro personale rapporto con Dio, l’articolo 5 è destinato ad orientare il nostro amore di Dio verso gli altri, ma in un modo particolare: cercando di scoprire la persona viva ed operante di Cristo nei nostri fratelli, nella Sacra Scrittura, nella Chiesa e nella liturgia. Sono due richiami potenti ai due comandamenti dell’Amore: Ama il tuo Dio ed Ama il tuo prossimo. Non è mai inutile ricordarlo. Al momento, ci limiteremo, attraverso un esempio, ad esplicitare la ricerca della persona vivente ed operante di Cristo nel fratello e le sue conseguenze nella vita.

Siccome siamo tutti figli di un solo Padre, noi siamo tutti fratelli. Abbiamo terminato l’analisi dell’articolo precedente con la bella definizione di Cristiano data da san Paolo. Riprendiamo questa definizione completandola: “Se il prossimo è Figlio di Dio, questo significa che Cristo vive anche il lui”. L’articolo 5 ci invita a ricercare la persona vivente ed operante di Cristo nel prossimo. Per esempio, per coloro che sono sposati, il primo prossimo è il proprio congiunto. Un’idea molto diffusa proclama che il giorno del matrimonio rappresenta per forza l’apice della gioia che possa esistere nella vita di una coppia e che dopo questo bellissimo giorno (che non bisogna neppure minimizzare), l’amore non può far altro che diminuire o sclerotizzarsi con il tempo. E’ molto triste credere ad una tale cosa. Non dobbiamo piuttosto ricercare nel coniuge, dopo due, cinque, dieci, venti o quaranta anni di vita in comune, la persona viva ed operante di Cristo nell’altro? Scopriremo allora che l’Amore si esprime con forza nelle cose più semplici, in quelle che sono sicuramente meno visibili agli occhi del mondo. Quando si posa uno sguardo tale sul proprio prossimo, il mondo si trasforma e l’Amore, invece di sclerotizzarsi, cresce incessantemente. Hai già osservato come cresce una quercia? La giovane piantina, dalle foglie di colore verde tenero, ha bisogno di molte cure nei suoi primi anni. Sovente è necessario sfrondare i rovi che la circondano e che, crescendo più velocemente, rischiano di soffocarla. La pianta, in effetti, resta fragile nella sua tenera bellezza. Poi gli anni passano. Senza rumore, senza che ce ne rendiamo conto, la pianta cresce e si irrobustisce. L’arbusto diventa albero. Il verde tenero lascia il posto al verde scuro. Allora, i rovi non possono nulla contro di esso, tanto il suo tronco sollera il alto la chioma. Ogni anno, l’albero porta frutto. Ogni anno, l’albero ospita gli uccelli del celo che vengono a rifugiarsi fra i suoi rami. Quest’albero ha conosciuto, come tutti gli alberi, delle piogge, dei temporali e persino delle tempeste, ma lo sguardo portato sull’altro gli ha permesso di crescere in bellezza, maestà, longevità, gioia e felicità. Si, la felicità!

“Si allieti il cuore di chi cerca il Signore” (Ps 105, 3) Anche se l’uomo può dimenticare o rifiutare Dio, Egli  non cessa di chiamare ogni uomo a cercarlo, affinché viva e trovi la gioia. Ma questa ricerca esige dall’uomo tutto lo sforzo della sua intelligenza, la rettitudine della sua volontà, “un cuore retto” ed anche la testimonianza delgi altri che gli insegnano a cercare Dio *  CEC § 30..

Arbre

DOMANDE

Ho memorizzato bene ?

  1. Sono capace di ricordare lo schema che Satana segue costantemente per tentarci e quali mezzi Gesù, attraverso il suo esempio, ci dona per resistere alle tentazioni del maligno?
  2. Dopo aver riparato tre cappelle, Francesco, durante una messa, sente il vangelo dell’invio degli apostoli in missione. Quali sono i tre elementi forti che emergono da questo testo e che costituiranno gli elementi fondatori della spiritualità francescana?
  3. Qual è la Regola e la vita dei laici francescani?

Per approfondire

  1. All’inizio della messa, il sacerdote ed il popolo dicono insieme il Confiteor. Nella seconda parte di questa preghiera, tutti supplicano alcune persone “di pregare per me il Signore Dio nostro”. Sono capace di enumerare queste persone che invoco e a cui domando di intercedere in mio favore? E perché invocare in particolare queste persone?
  2. Francesco è stato vivamente interpellato da un passo del vangelo. Questo passo ha cambiato la sua vita. Ed io, ho mai letto o sentito una o più frasi del Vangelo che mi sono andate dritte al cuore e che hanno influenzato il mio modo di vedere e di agire?
  3. “Passare dal Vangelo alla vita e dalla vita al Vangelo”. Quali condizioni pratiche mi sembrano necessarie per dare avvio in me a questo movimento di pendolo che dovrebbe diventare un riflesso per un francescano od una francescana?
Evangile
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Realizzato da www.pbdi.fr Illustrazione di Laurent Bidot Traduzione : Elisabetta Daturi