Frate Rufino (accoglienza)

Capitolo IX: La famiglia

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San Francesco d'AssisiCominceremo col rileggere queste prime righe della Genesi che illuminano tutta l’esistenza coniugale e familiare. In seguito, anche se Francesco non ha scritto niente di veramente specifico riguardo alla famiglia, scopriremo in alcuni dei suoi scritti qualche riga che si adatta parfettamente alla vita della famiglia. Infine, termineremo il nostro capitolo attraverso la meditazione dell’articolo 17 della nostra regola che comincia con delle parole che sono come un sinonimo dell’Amore Agape : Nella loro famiglia, vivranno… 

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ALL’ORIGINE

Maschio e femmina li creo’

Nella Genesi, vediamo che la creazione dell’uomo è, insieme, maschile e femminile. Essa trova il suo compimento soltanto nella creazione della donna. Questo è quanto ci dicono  i due racconti successivi della creazione : il racconto sacerdotale (Gen 1 26-27) e il racconto Yahvista (Gen 2 18-27). Come abbiamo già potuto evocare nel primo capitolo di questo manuale, dai due racconti della creazione risulta che l’uomo e la donna, presi insieme, sono l’immagine totale di Dio. Ciascuno di essi, preso da solo, non è altro che un’immagine parziale. Cosi’, l’uno e l’altro sono essenzialmente uguali in dignità e complementari. Questa conclusione ci viene suggerita dai due racconti della creazione, che si esprimono in un linguaggio molto diverso ma, in fondo, equivalente. In effetti, mentre il primo racconto ci mostra l’uomo e la donna creati insieme per essere insieme l’immagine di Dio, nel secondo racconto, l’uomo, creato da un atto specialissimo di Dio, è per questo motivo superiore a tutti gli altri esseri della creazione e trova soltanto nella donna un essere che gli assomigli. *   P. André FEUILLET, P.S. Sulp., JESUS ET SA MERE d’après les récits Lucaniens de l’enfance et d’après Saint Jean – Le rôle de la Vierge Marie dans l’histoire du salut et la place de la femme dans l’Eglise, J. Gabalda et Cie. Editeurs, 1974, p. 202.  L’essenziale degli sviluppi contenuti nei quattro primi § di queso capitolo sono estratti da p. 201 a 213 di quest’opera (estratti rimaneggiati, con l’aggiunta dei sottotitoli). Cosi’ si spiega il linguaggio dei profeti che compara l’amore di Dio talvolta all’amore paterno, talvolta all’amore materno. La fonte primaria dell’uno come dell’altro amore si trova in Dio e si trova solo in Lui.

Tuttavia, per la volontà stessa del Creatore, la donna, cosi’ diversa dall’uomo, è in un certo qual modo il suo compimento. Per questo motivo l’uomo dice un si’ cordiale alla creazione compiuta da Dio solo dopo la creazione della donna. Tale è la seconda verità insegnata dal racconto Yahvista della creazione. Dio stesso proclama che non è bene che l’uomo sia solo (Gen 2 18). Mentre la solitudine ed il silenzio sono come dei sacramenti che donano Dio (Condurro’ la mia Sposa nel deserto e parlero’ al suo cuore - Os 2 16), l’isolamento egoista, invece, non vale niente per l’uomo. Quando Dio dice : Daro’ all’uomo un aiuto che sia simile a lui (Gen 2 18), non si tratta soltanto della formazione della prima coppia umana in vista della moltiplicazione della specie. Di questa moltiplicazione non viene detta una parola nella scena straordinaria di Gen 2 18-24, che comincia con queste parole : Non è bene che l’uomo sia solo… e si conclude con queste : e diventano una sola carne. L’aiuto materiale che la donna puo’ apportare all’uomo non è tanto cio’ che è visto in primo luogo poiché, al riguardo, anche gli animali sono un soccorso per l’uomo. Adam e EveIl testo ebraico, tradotto letteralmente, vuol dire : un aiuto per l’uomo con cui stia perfettemente faccia a faccia, che sia il suo compagno perfetto (parola per parola : «  come davanti a lui »). In Gen 2 18-25, l’accento è messo sull’aiuto spirituale insostituibile che la donna procura all’uomo : l’uomo ha bisogno di un essere della sua stessa natura che lo faccia uscire dal suo isolamento spirituale grazie alla mutua comunicazione dei pensieri e alla mutua confidenza dei sentimenti.

Ossa delle mie ossa e carne della mia carne

Su tutti i piani (e non soltanto sul piano biologico che non è che un aspetto di una realtà incomparabilmente più ricca), l’uomo richiede un aiuto che gli assomigli. L’uomo, « portatore del logos (ossia il verbo, la parola come rivelatore), che ha bisogno di dire delle cose, di nominare e di descrivere », mentre « la donna conosce in silenzio », è incaricato da Dio stesso di dare un nome a tutti gli esseri della creazione : Il Signore Dio formo’ dalla terra tutti gli animali della campagna e tutti gli uccelli del cielo e li condusse ad Adamo per vedere con quale nome li avrebbe chiamati, poiché il nome che egli avrebbe loro imposto sarebbe stato il loro nome.  E’ un atto di creazione di secondo grado, che si effettua in questa designazione attraverso dei nomi, atto attraverso il quale l’uomo fa proprie mentalmente come oggetti le creature. Ma l’uomo non trova tra tutti questi esseri un aiuto somigliante. Per quanto questo universo sia cosi’ ricco e utile, tanto da risvegliare nell’uomo la nostalgia di un essere della sua stessa natura, non contiene ancora l’aiuto a lui corrispondente. L’uomo cerca questo aiuto fino al momento in cui Dio fa nascere da lui un essere che è come la sua metà e senza il quale, sotto tutti gli aspetti, resterebbe veramente incompleto. E’ soltanto allora che l’uomo conosce una felicità perfetta : Questa, si’, è osso delle mie ossa e carne della mia carne !   (Gen 2 23).

Sotto la sua apparenza ingenua, il testo biblico è denso di significato. Adamo cercherebbe un aiuto che fosse nello stesso tempo simile ma diverso da lui. Scopre con meraviglia che la persona che si trova di fronte a lui non è in realtà altro che se stesso ; è un’altra faccia del suo essere, ma che egli esperimenta soltanto sotto la forma di un « tu ». Attraverso il suo amore, la donna, in un certo senso, fa nascere l’uomo, nello stesso tempo, a se stesso e agli altri. E’ cosi’ che l’uomo, dando un nome alla donna, dà un nome a se stesso : Questa sarà chiamata donna, perché è stata tratta dall’uomo (la lingua ebraica gioca sulle parole   isha « donna » et ish « uomo »).

La donna è la gloria dell’uomo

Anche San Paolo ci suggerisce la verità sviluppata nel testo della Genesi. Secondo l’Apostolo dei Gentili, mentre l’uomo è immagine e gloria di Dio, la donna è la gloria dell’uomo  (1 Co 11 7). Cerchiamo di capire bene cosa vuol dire : non è (per niente) un modo per devalorizzare la donna. San Tommaso d’Aquino, commentando questo passaggio, nota il fatto che Paolo eviti di riprendere la parola « immagine » a proposito della donna ( avrebbe allora scritto –immagine dell’uomo-), perché anche lei è immagine diretta di Dio. Ma è nello stesso tempo la gloria dell’uomo. Ora, nel Nuovo Testamento, la parola gloria viene molte volte impiegata nel senso di fonte o mezzo di glorificazione. L’uomo è la gloria di Dio nel senso che lo glorifica manifestandone i suoi attributi. La donna è la gloria dell’uomo, nel senso che lo glorifica e gli fa onore perché non è soltanto il suo eguale, ma anche il suo complemento, e che gli apporta, attraverso questa stessa complementarità, una ricchezza propriamente insostituibile, come viene dimostrato dal secondo racconto della creazione : in questo racconto, è lei questo aiuto di cui il primo uomo aveva precisamente bisogno e di cui si mostra cosi’ fiero. Se la donna è per l’uomo una tale ricchezza, ossa delle sue ossa e carne della sua carne, non deve tuttavia fissare su se stessa e sulla sua bellezza lo sguardo e il desiderio dell’uomo, cosi’ come l’uomo deve limitare il suo desiderio della donna.

Se Adamo, uscendo dalle mani del suo Creatore, si lega ad Eva, è perché scopre in lei un compimento di quell’immagine di Dio che è lui stesso, ossia, in definitiva, una manifestazione dell’amore che il Creatore ha avuto per lui. Rinviando ad Adamo la sua propria immagine, che è un’immagine di Dio, Eva volge Adamo verso Dio. E’ il suo ruolo, di far volgere Adamo, non solo verso se stessa, ma anche verso Dio. Ancora di più, l’uomo e la donna, insieme, non potranno realizzarsi senza rinunciare a se stessi e volgersi verso Dio perché, fatti ad immagine di Dio, hanno il dovere di diventare sempre di più cio’ che sono già : « ad immagine di Dio ».

Siate fecondi, moltiplicatevi, riempite la terra e sottomettetela

Le prime pagine della Genesi permettevano già di intravvedere quanto profondamente l’uomo e la donna, uguali in dignità, siano reciprocamente differenti e complementari, non solo dal punto di vista fisiologico, ma anche psicologico. Non c’è niente di arbitrario nella differenziazione delle funzioni attribuite dal Creatore all’uomo e alla donna ; la differenza è inscritta nel loro stesso essere.

Uscito dall’argilla della terra, l’uomo è, più che la donna, volto verso il mondo esterno da cui è stato tratto ; deve impiegare la sua forza per conquistarlo e per coltivarlo ; Certamente, è all’uomo e alla donna messi insieme che il racconto sacerdotale assegna una sorta di vice regalità sull’universo : Moltiplicatevi, riempite la terra e sottomettetela (Gen 1 28). Ma il racconto yahvista suggerisce che in questo campo l’iniziativa appartiene all’uomo. Egli è incaricato di sottomettere a se stesso l’universo materiale, ruolo che, tra l’altro, non potrà compiere facilmente se non resta lui stesso sottomesso a Dio. Cosi’, dopo la caduta, l’universo materiale è in rivolta contro l’uomo che cerca di renderlo suo servo, perché lui stesso si è rivoltato contro Dio (Gen 3 17-19) : Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero del quale ti avevo proibito di mangiare, sia maledetta la terra per cagion tua ; con fatica trarrai da essa il nutrimento per tutto il tempo di tua vita…

Quanto alla donna, le viene attribuita una funzione di un altro tipo e, sotto certi aspetti, più nobile. Ella non è nata dall’argilla del suolo come l’uomo, ma da una delle costole del primo uomo, quindi, dal cuore dell’essere umano ; in tal modo, ella è volta innanzitutto verso l’umano, al fine di educare e di far progredire l’uomo volgendolo verso Dio ! Forse lei non fa già progredire il primo uomo nella conoscenza della sua vocazione ? Solo al vederla capisce pienamente chi è lui stesso e chi è agli occhi di Dio. Ed è nelle sue attività essenziali (di madre e di sposa) che la donna è colpita dalla condanna dopo la caduta :   Moltiplichero’ le doglie delle tue gravidanze, partorirai i figli nel dolore. Tuttavia ti sentirai attratta con ardore verso tuo marito, ed egli dominerà su di te.

Si tratta qui di perdite dello stato primitivo (che, come vediamo, sono specifiche all’attività essenziale dell’uno e dell’altra). Non devono quindi essere ricercate in quanto tali e non sono destinate a giustificare dei comportamenti che potrebbero allora essere qualificati come devianti (l’uomo non deve sottomettere la donna al suo dominio. San Paolo scriverà : donne, siate sottomesse ai vostri mariti (Ep 5 22). Non scrive : mariti, sottomettete le vostre mogli). A queste perdite si aggiungono la morte (Gen 3 19) e la perdita della familiarità divina (Gen 3 23). Queste sono delle pene ereditarie. Cristo salvatore verrà a riscattare l’umanità. Riconcilierà l’uomo con il suo Creatore ; grazie alla sua resurrezione, infine, otterrà la vittoria sulla morte.

Diventano una carne sola

Questa affermazione della Genesi non deve essere intesa soltanto sotto l’aspetto carnale, anche se essa lo include pienamente ? Se tale fosse il caso, non sarebbe questo entrare in una certa idolatria della sessualità, cosa che farebbe ingiuria sia alla donna che all’uomo ? Per rispondere a queste domande, ci aiuteremo (in parte) con l’opera di un filosofo cristiano del  XX secolo *  Marcel CLEMENT, Un seul cœur, une seule âme, une seule chair, Editions de l’escalade 1977, estratti delle pagine da 42 a 48, poi delle pagine da 55 a 59. , opera il cui titolo: Un solo cuore, una sola anima, una sola carne, dà già dei chiarimenti molto preziosi sulla risposta alle domande poste qui sopra.

L’ uomo abbandona suo padre e sua madre: senza assolutamente rinnegare i propri genitori, la Genesi ci insegna che lo sbocciare della propria vocazione di uomo passa attraverso questa « rottura parentale ». La Genesi ci precisa anche il « perché » di questa separazione necessaria : per unirsi a sua moglie. Si intuisce, qui, che ogni persona umana è chiamata a donarsi nel matrimonio. Questo matrimonio, innanzitutto, si compie in Maria e nella Chiesa, perché tutte le nostre anime, rese senza macchia e immacolate dal sacrificio del Figlio di Dio, sono chiamate ad acconsentire a questa unione d’amore con Cristo, che le ha riscattate a prezzo del suo sangue. In tal modo, certe anime sono marcate dall’eternità per consacrare la loro verginità allo sposo divino. Queste anime, ci dice il nostro sovrano Pontefice Pio XII, « rinunciando alle gioie della carne nel matrimonio, ne cercano il significato segreto, e al posto di imitare cio’ che si pratica nel matrimonio, aspirano a cio’ che esso simboleggia » *  Pio XII, Enciclica De Sacre Virginitate.. Perché, per quanto siano esse nobili nella loro semplice realtà umana, le nozze sacramentali sono in più e in virtù della grazia il segno della perfettissima unione di Cristo e della sua Chiesa (Ep 5 32).  Cosi’, meditando sulla fecondità eterna dell’Amore increato si puo’ scoprire, illuminato della sua luce più alta, il significato ultimo dell’unione temporale degli sposi che si manifesta in un dono mutuo, indissolubile e fecondo. Questo non è quindi solamente fisico. La fecondità semplicemente fisica delle piante e degli animali non comporta nessuna realtà spirituale di conoscenza e di amore. Invece, il matrimonio dell’uomo e della donna è, nello stesso tempo, realtà spirituale e realtà fisica. Richiede conoscenza spirituale e amore spirituale, tenerezza dei cuori e fusione dei corpi. Siccome l’uomo e la donna sono a immagine di Dio, ma modellati in una carne viva, sottomessa alle crescite della generazione e alle degenerazioni della corruzione, devono, nello stesso tempo, contemplare il mistero dell’amore divino che abita la loro anima e accettare l’umiltà degli amori umani, con le loro timidezze, le loro impazienze, e anche i loro obblighi. Assoluto nella sua determinazione spirituale, dipendente dai bisogni della carne nella sua espressione più umile, l’amore degli sposi richiede una dolce, ma lenta e lunga pazienza per fiorire in un’unità crescente. Richiede questa pazienza ancora di più perché il nemico invisibile dell’umanità rifiuta con lo stesso movimento di odio l’incarnazione del Verbo e la sua immagine : l’incarnazione dell’amore nel matrimonio. L’amore dell’uomo e della donna è quindi, incessantemente, minacciato da satana che talvolta suggerisce di disprezzare la carne, la sua generazione, mentre altre volte persuade di farne un assoluto, un idolo e di dilettarvisi senza fine. Nelle due tentazioni, il demonio attacca sempre la fecondità dell’amore, al fine di annientare l’amore stesso.

L’intimità spirituale degli sposi, precisamente nella misura in cui il sacramento che li unisce riproduce l’unione di Cristo e della sua Chiesa, è la più profonda e la più totale che possa unire due battezzati sulla terra. E’ l’intimità di due persone che il sacramento unisce in una maniera cosi’ interiore che, vissuto nella sua pienezza, puo’ realizzare la comunione dei cuori, delle anime e degli spiriti, nella finalità della loro vocazione. A che cosa acconsentono, attraverso il « si » sacramentale, coloro che decidono di riceversi l’un l’altro come sposo e come sposa ? Essenzialmente ad un’intimità che non sarà più semplicemente la libera e revocabile unione delle anime dei fidanzati, ma che sarà l’offerta irrevocabile dell’anima dell’uno all’anima dell’altro, per rispondere insieme alla nuova e comune vocazione che si esprimerà nel « possesso » dei corpi. E’ quindi, in un certo modo, un titolo di proprietà che ciascuno degli sposi consente all’altro su se stesso : Io sono al mio amato e il mio amato è a me (Ct 6 3). Ma, ben inteso, i diritti reciproci che nascono da questa mutua appartenenza, sono misurati per il fine a cui sono ordinati : la fecondità dell’amore e la gioia di questo amore. Questo vuol dire che l’aspetto esclusivo di questa proprietà, che ciascuno consente di se nell’attaccamento al cuore dell’altro, si puo’ solamente tradurre, reciprocamente, attraverso un rispetto sempre zampillante di ciascuno per l’effusione della libertà dell’altro. Se ciascuno degli sposi resta, per tutta la sua vita coniugale, attento a donarsi e non a prendere, attento a consacrare se stesso e non a consacrare l’altro a se stesso, previdente per aiutare l’altro, sollevare l’altro, dare fiducia all’altro, consolare l’altro e, quando c’è bisogno, perdonare le pesantezze dell’altro, quest’appartenenza reciproca attraverso la vocazione del matrimonio avrà il suo vero significato : il sacrificio affettuoso e permanente, libero e spontaneo dell’uno per l’altro.

In un certo modo, si puo’ arrivare a dire che il consenso porta su una trasparenza reciproca delle anime degli sposi. Nessuno ha il diritto di obbligare l’altro. Ma, se la semplicità dei cuori, nella luce dello Spirito Santo conduce i due sposi a dirsi l’un l’altro come sono, con i loro difetti e le loro debolezze, con i loro egoismi ed il loro orgoglio, con il loro desiderio di farsi aiutare… o, talvolta con la paura di essere « troppo » aiutati dall’altro, allora saranno, già nelle loro anime, e nella verità, sotto lo sguardo l’uno dell’altro. Conoscendosi senza alcuna menzogna, perdonandosi senza riserve, realizzeranno attraverso questa rinuncia spirituale, una nudità nell’abbandono delle anime che darà il suo senso totale ai gesti che svelano, nel tenero abbandono dei corpi, cio’ che non si concede se non nel matrimonio. Non c’è alcun dubbio che questo sia il piano di Dio. Infatti, è prima del racconto della caduta originaria che la Genesi conclude : … e diventano una sola carne. Or, Adamo e sua moglie erano ambedue nudi, e non avevano vergogna l’uno dell’altro.  (Gen 2 24-25).

Che cosa è la famiglia ?

Risalire all’origine del gesto creatore di Dio è una necessità per la famiglia se essa vuole conoscersi e realizzarsi secondo la verità profonda, non soltanto del suo essere, ma anche a livello della sua azione nella storia. La famiglia è costituita come « comunità profonda di vita e di amore » *   Concilio ecumenico Vat. II, cost. Pastorale sulla Chiesa nel mondo di questi tempi Gaudium et Spes, 48.. E la famiglia ha la missione di diventare sempre di più cio’ che essa è, ossia una comunità di vita e di amore, in una tensione che troverà il suo compimento – come ogni realtà creata e salvata – nel  Regno di Dio. In una prospettiva che ritrova le radici stesse della realtà, bisogna dire che l’essenza della famiglia ed i suoi doveri sono definiti dall’amore. Per questo la famiglia riceve la missione di custodire, rivelare e comunicare l’amore. Quest’amore è il riflesso vivente e la reale partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità e dell’amore di Cristo Signore per la Chiesa sua Sposa.

E’, quindi, nel disegno di Dio creatore e Redentore  che la famiglia scopra non soltanto la sua « identità », cio’ che essa « è », ma anche la sua « missione », cio’ che essa puo’ e deve « fare ». Famiglia, « diventa » cio’ che tu « sei » *   Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Familiaris Consortio, § 17, Pierre TEQUI Editeur 1981. : comunione profonda di vita e di amore.

ESORTAZIONI DI FRANCESCO PER LA FAMIGLIA

Quando Francesco raccomandava la carità, era la vita di famiglia, con la sua buona intesa e la sua cordialità, che voleva vedere regnare (2 C 180). « Io voglio, diceva, che i miei fratelli si mostrino tutti come figli di una stessa madre ; se uno domanda una tunica, una corda o qualsiasi altra cosa, che l’altro gliela dia generosamente… ». E per non dare alcun ordine che non fosse stato compiuto dapprima in lui da Cristo, ne dava l’esempio per primo.  

Nei testi di Francesco non si trovano degli scritti che si rivolgono specificatamente alla famiglia. Tuttavia, un buon numero dei suoi scritti sono direttamente « applicabili » ad essa. Per nutrire la nostra riflessione, riprenderemo, quindi, qualcuno dei suoi scritti. Constateremo, una volta di più, che la spiritualità di Francesco, pure essendo tutta orientata verso Dio Uno e Trino, è una spiritualità « pratica », ossia, da mettere in opera in maniera concreta nel nostro quotidiano. Per Francesco è certamente il matrimonio dell’ anima con Cristo che è ricercato, ma questo si realizza nella vita di ogni giorno. Come si puo’ immaginare, questi diversi testi non ci daranno un quadro completo di cio’ che deve animare la vita di una famiglia, ma ci daranno numerosi chiarimenti. Per introdurli, poniamo a Francesco le cinque domande seguenti e vediamo quali sono le risposte che ci offre :      

Niente liti né diffamazione, ma amore fraterno e spirito di povertà

Come conciliare spirito di povertà e vita di famiglia, ci si chiederà ? Esiste anche soltanto un rapporto tra queste due cose ? RabbiaNon si condivide forse « tutto » in una famiglia, senza che si debba per questo considerare, in questa messa in comune, un qualche spirito di povertà ? Le righe che seguono apporteranno le risposte a queste domande.

E’ vero che nella vita di una coppia e nella vita di una famiglia, molti momenti dell’esistenza appaghino gli individui. Se si prende una metafora metereologica, sarà il « sole radioso » in un « cielo blu senza nuvole ». Ma, cosi’ come « l’umore del cielo » è incostante, vi sono anche, nella vita di una coppia e della famiglia, dei giorni « nuvolosi », « piovosi », « temporaleschi » o, peggio ancora, « cataclismici ». Le cause  possibili di queste giornate difficili sono, certamente, multiple. Possono essere conseguenza della semplice stanchezza ; allora ci si innervosisce per un nonnulla ; le parole superano rapidamente il pensiero e si crea un conflitto.  Possono provenire da un (o più) carattere (i) risoluto(i),  integro(i), dalla mancanza di virtù dell’uno, da un amore possessivo o egoista dell’altro, dalla pigrizia dell’uno o dall’amore eccessivo dell’ordine dell’altro, dall’abbassamento del sentimento amoroso,… Una delle prime conseguenze di questi difetti è l’opposizione dell’altro. Il coniuge dirà (o penserà) : « Non mi sono sposato(a) per sentire o subire questo ; se non reagisco immediatamente, continuerà ». Il bambino, da parte sua, dirà : « è lui che ha cominciato », tentando di giustificare (e « di assolvere ») la brutalità della sua reazione. In breve, non si deve lasciar correre nulla senza reagire : occhio per occhio e dente per dente. E si cercherà di far aderire alla propria causa tutto il gruppo familiare per cominciare e le persone al di fuori del gruppo familiare in seguito. In più, verranno rapportati altri fatti sgradevoli del passato per ben dimostrare che « il vaso trabocca »…  L’individuo dispone allora di un’arma, la più temibile di tutte, per esprimere la sua avversione : la sua lingua.

Per evitare l’arrivo o la moltiplicazione dei brutti giorni, Francesco mi dà una « ricetta » nella sua prima regola (1 Reg 11) : Tutti i fratelli evitino con cura insulti e contese. Si sforzino piuttosto di mantenere il silenzio, nella misura in cui Dio donerà loro questa grazia. Non devono litigare fra loro né con altri, ma procurino di rispondere umilmente : « Siamo servi inutili ! ». E non si arrabbieranno, poiché chiunque va in collera con il proprio fratello, sarà condannato in giudizio ; e chi avrà chiamato inbecille il proprio fratello, sarà condannato nel consiglio ; chi gli avrà dato del pazzo, sarà passibile del fuoco della Geenna . Si amino a vicenda, conforme alla consegna lasciataci dal Signore : « Questo è il mio comandamento : che vi amiate reciprocamente come io ho amato voi ». E mostrino con i fatti il loro amore scambievole, secondo che raccomanda l’Apostolo : « non amiamo a parole e con la lingua, bensi’ con le azioni, in modo concreto ». Non oltraggino alcuno. Non mormorino, né dicano male di nessuno, perché sta scritto : « Calunniatori e maldicenti sono in odio a Dio ». Siano imparziali, mostrando comprensione e bontà verso tutte le persone. Non giudichino, non condannino ! Secondo che dice il Signore, non si fermino a esaminare le piccole colpe degli altri ; al contrario, ripensino i propri peccati con animo addolorato. Si sforzino di entrare per la porta stretta, poiché il Signore dice : « Stretta è la porta e angusto il sentiero che conduce alla vita, e pochi sono quelli che vi entrano ».      

Amare colui che ti colpisce sulla guancia

Nonostante tutte queste buone disposizioni da mettere in opera nel proprio quotidiano, arrivano, comunque, dei « giorni meno buoni ». Francesco, che non idealizza la natura umana, evoca molto chiaramente questo pericolo nella sua Ammonizione 14, pericolo inevitabilmente frequente nella vita corrente e mi dà la soluzione da mettere in opera perché  io viva concretamente lo spirito di povertà : … Sono numerosi quelli che moltiplicano preghiere e pratiche devote, affliggendo il loro corpo con molte astinenze e penitenze. Sennonché, basta una sola parola che suoni offesa alla loro suscettibilità, oppure che un qualcosa venga loro tolto, ed eccoli subito offesi e in agitazione. Costoro non sono poveri in spirito, poiché il vero povero in spirito ha in odio se stesso e ama quelli che lo percuotono in faccia.

Vediamo bene la « spiritualità pratica » di Francesco. Non cerca di fare lo spareggio tra due litiganti o a dare ragione all’uno o all’altro. Ma, in una situazione conflittuale, Francesco ci rinvia a noi stessi. Se l’altro commette un’ingiustizia verso il mio caro « io », allora non mi devo scandalizzare. Ci invita a non irritarsi né agitarsi per il peccato di alcuno, giacché l’irritazione e l’agitazione ostacolano la carità in se stessi e negli altri (2 Reg 7 3). Che io non cerchi di far « pagare » l’altro. Ma, al contrario, seguendo l’esempio del nostro Redentore che ha saputo formulare questa preghiera sulla croce :  « non venga imputato loro questo peccato », che io ami ancora di più colui o colei che mi fa del male. Francesco considera forse che sia una cosa facile ? No. Francesco sa bene che è una cosa molto difficile, soprattutto se i problemi sono importanti. Per questo non esita, nella sua parafrasi del Padre Nostro, a invocare il Signore, riconoscendo umilmente la nostra incapacità a perdonare pienamente : E che cio’ che non perdoniamo pienamente, tu, o Signore, donaci di perdonare perfettamente. E prosegue enumerando sia i mezzi che i frutti di questa umile preghiera :  cosi’ da voler bene veramente, per tuo amore, ai nostri nemici, e intercedere per loro devotamente presso di te, a nessuno contraccambiando male per male, a tutti invece cercando di  far del bene, in te !

Compassione per il prossimo

Beato l’uomo che è di sostegno ai fratelli nelle loro fragilità, come vorrebbe lui stesso essere sostenuto dal prossimo in simile situazione.  Quando si prende il tempo di meditare questa Ammonizione di Francesco (Adm 18), la più corta di tutte, constatiamo che è un vero e proprio gioiello di vita fraterna, particolarmente nella vita di famiglia. Francescani e Clarisse In effetti, chi è a noi più prossimo del nostro congiunto, di nostro figlio, dei nostri genitori, dei nostri fratelli e sorelle ? In questa Ammonizione, Francesco ci prescrive la compassione per il prossimo, ossia questa testimonianza di amore che ci fa partecipare intimamente alla prova che l’altro attraversa e che potremmo tradurre letteralmente : « soffrire con ». E’ esattamente il sentimento di amore e di misericordia che Dio ha prodigato all’umanità sofferente : …disprezzato, non l’abbiamo stimato. Veramente egli si è addossato i nostri mali, si è caricato dei nostri dolori (Is 53 3-4). Nelle sofferenze e nelle prove, Francesco ci invita a sostenere il nostro prossimo, ossia ad aiutarlo a tenersi in piedi, sia sotto l’aspetto spirituale che sotto l’aspetto fisico : I fratelli, dovunque si trovino e si incontrino, mostrino l’un l’altro di appartenere alla stessa famiglia. E in tutta confidenza, l’uno manifesti all’altro le proprie necessità ; poiché se una madre nutre ed ama il figlio della sua carne, con quanto maggiore affetto non dovrà ciascuno amare e nutrire il suo fratello spirituale ? Se un fratello cade ammalato, gli altri fratelli abbiano cura di lui come amerebbero essere accuditi loro stessi.  (2 Reg 6 7-9). Attraverso i suoi scritti, vediamo che Francesco non ci invita mai ad erigerci in superman, con la tentazione di dire :  « Attenzione, ora vedrete ! Io sono la soluzione a tutti i vostri problemi ! ». No ! Francesco, sempre misurato ed equilibrato nel suo apprezzamento per la natura umana, ci invita all’umiltà nell’azione : sostenere il proprio prossimo nei limiti della propria debolezza (e non della propria forza) ci dice nella sua Ammonizione, e ancora : e in tutta confidenza, ci precisa nella sua Regola.  Perché abbiamo sempre « bisogno dell’altro », cosi’ come l’altro ha sempre « bisogno » di me. E’ la stessa cosa in una famiglia : si aiuta l’altro a crescere verso il Signore quando lo si soccorre, e lo si aiuta altrettanto quando si accetta umilmente il suo soccorso.

Abbiamo parlato di aiuti sotto l’aspetto fisico e spirituale. I due aspetti sono, sovente, strettamente legati e l’uno permette la realizzazione dell’altro. Francesco ha scritto una breve regola destinata degli eremi. Curato d'ArsGli eremi erano dei luoghi che permettevano ai fratelli di effettuare dei periodi di ritiro, dei « soggiorni nel deserto ». Anche se è difficile comparare questi soggiorni nel deserto con la vita quotidiana della famiglia, la regola per gli eremi contiene, cio’ nonostante, qualche piccola precisazione che puo’ essere applicata tranquillamente alla vita di famiglia : Les madri (i genitori, quindi) terranno il ruolo di Marta, ed i figli (i bambini, quindi) quello di Maria (Erm 2). Le due sorelle del Vangelo simboleggiano l’una la vita attiva e l’altra la vita contemplativa.  La citazione evangelica sembra indicare che il senso e il fine primo della vita in eremo per Francesco fosse meno la fuga ascetica dal mondo che il desiderio mistico e la ricerca di Dio. Allo stesso modo, accogliere con generosità dei figli ed allevarli è meno destinato alla « proliferazione » della specie che a volgere dei nuovi cuori e delle nuove anime verso il Padre nostro che è nei Cieli.  Un famoso terziario di San Francesco, il Santo curato d’Ars, riassumeva molto bene quest’idea nei suoi sermoni : « I padri e le madri devono sapere che la loro più grande occupazione deve essere di lavorare per salvare le anime dei loro figli e che non c’è nessun’altra opera che deve passare avanti a questa , e che, inoltre, la loro salvezza è legata a quella dei loro figli ». E siccome per Francesco la vita è un immenso campo di condivisione, conclude che i figli prenderanno di tanto in tanto il ruolo delle madri, come per dire che i figli devono ugualmente aiutare i loro genitori, materialmente e spiritualmente.

Evitare gli sguardi cattivi e la frequentazione delle donne

L’articolo 17 della nostra regola (che studieremo un po’ più avanti) ci parlerà in particolare della fedeltà.  Ora, San Francesco dà diverse prescrizioni pratiche ai suoi fratelli, prescrizioni che possono anche riguardare la fedeltà conuigale, o, più largamente, la fedeltà al comandamento divino : Non commetterai adulterio (Ex 20 14). Le prime parole dell’articolo 12 della prima regola di Francesco riassumono queste prescrizioni pratiche : Tutti i fratelli, ovunque si trovino o vadano, evitino i mali sguardi e il frequentare donne. Di fronte ad una tale affermazione, che non sembra sopportare alcuna obiezione, si dovrebbe forse concludere che Francesco è un terribile misogino ? O, peggio ancora, che sottointende che la donna è oggetto e fonte di peccato e che il semplice fatto di guardarla o di sfiorarla puo’ portare alla perdizione ? Questa conclusione traviserebbe completamente il pensiero di Francesco. Bisogna innanzitutto ricordarsi che quando Francesco redige questo testo, si rivolge ai suoi fratelli, quindi a degli uomini che non beneficiano della « protezione » di una chiusura monastica. Cosi’, considerando lo spirito del testo, possiamo essere certi che se si fosse rivolto a delle donne, avrebbe prescritto loro, per esempio, di vestirsi in maniera tale da non suscitare i mali sguardi degli uomini. Quindi, non dice e non lascia sottointendere che la donna sia fonte o oggetto di peccato. Semplicemente, Francesco sa che la via che Satana utilizza più comunemente per sedurre l’anima umana è il lato carnale della natura *   Possiamo ugualmente rileggere con profitto l’inizio del capitolo 2 di questo manuale di formazione, che tratta delle differenti forme di tentazione utilizzate da Satana per creare una rottura tra la creatura umana e il suo Creatore.. Sa anche, come dice San Paolo, che lo spirito è forte ma la carne è debole (1 Let 5). Cosi’, per Francesco, la virtù cardinale della forza che permette di resistere alle tentazioni della carne, si coniuga con altre due vistù cardinali che sono la temperanza e la prudenza :

  1. i fratelli devono evitare i mali sguardi rivolti alle donne : è controllare cosi’ la fonte di cio’ che puo’ scatenare le passioni ; è la temperanza dello sguardo. Se uno guarda una donna, non deve guardare il suo corpo ma la sua anima ;   San Francesco d'Assisi
  2. affinché i fratelli che sono nel mondo evitino la caduta, Francesco prescrive la prudenza come virtù di forza : Nessuno deve trattenersi né viaggiare solo con una donna (1 Reg 12 2). La prudenza che egli prescrive arriva fino ad ordinare ai suoi fratelli di non avere degli incontri o degli atti che possano soltanto fare l’oggetto di una cattiva interpretazione agli occhi di terzi :  Proibisco fermamente a tutti i fratelli, senza eccezione, di avere amicizie e conversazioni sospette con le donne… affinché la cosa non faccia nascere scandalo in mezzo ai fratelli o contro i fratelli (2 Reg 11).

Vediamo cosi’ che i due mezzi che Francesco prescrive ai suoi fratelli per aiutarli a vivere il loro voto di castità sono direttamente applicabili ad ogni persona, anche se non è frate minore. Per queste altre persone, sarà il rispetto del loro voto di fedeltà, del loro voto di castità o, più semplicemente, il rispetto del comandamento divino : non commetterai adulterio. Cosi’, marito o moglie, ragazzo o ragazza, sacerdote… tutti sono interessati da questi due buoni mezzi pratici che Francesco prescrive fermamente : 1/ Non portare alcun malo sguardo (o, inversamente, non suscitare dei mali sguardi ) ; 2/ Non mettersi in delle situazioni che possano anche solo favorire delle occasioni di caduta o che potrebbero solamente dare adito a equivoci.

Le virtù scacciano i vizi

LA FAMIGLIA

Articolo 17

Nella loro famiglia, vivranno lo spirito francescano di pace, di fedeltà e di rispetto della vita, cercando di farne, con questo, il segno di un mondo già rinnovato in Cristo *   Regola « di Leone XIII », II 8..

Specialmente gli sposi, vivendo le grazie del matrimonio, manifesteranno nel mondo l’amore di Cristo per la sua Chiesa. Attraverso un’educazione cristiana, semplice e aperta, attenti alla vocazione di ciascuno, seguiranno gioiosamente con i loro figli il loro itinerario umano e spirituale *   Vaticano II, Costituzione Dogmatica sulla Chiesa – Lumen Gentium 41 e : « … I coniugi e i genitori cristiani, seguendo la loro propria via, devono sostenersi a vicenda nella fedeltà dell'amore con l'aiuto della grazia per tutta la vita, e istruire nella dottrina cristiana e nelle virtù evangeliche la prole, che hanno amorosamente accettata da Dio. Così infatti offrono a tutti l'esempio di un amore instancabile e generoso, edificando la carità fraterna e diventano testimoni e cooperatori della fecondità della madre Chiesa, in segno e partecipazione di quell'amore, col quale Cristo amò la sua sposa e si è dato per lei. Un simile esempio è offerto in altro modo dalle persone vedove e celibatarie, le quali pure possono contribuire non poco alla santità e alla operosità della Chiesa. Quelli poi che sono dediti a lavori spesso faticosi, devono con le opere umane perfezionare se stessi, aiutare i concittadini e far progredire tutta la società e la creazione verso uno stato migliore; devono infine, con carità operosa, imitare Cristo, le cui mani si esercitarono in lavori manuali e il quale sempre opera col Padre alla salvezza di tutti, in ciò animati da una gioiosa speranza, aiutandosi gli uni gli altri a portare i propri fardelli, ascendendo mediante il lavoro quotidiano a una santità sempre più alta, santità che sarà anche apostolica. Sappiano che sono pure uniti in modo speciale a Cristo sofferente per la salute del mondo quelli che sono oppressi dalla povertà, dalla infermità, dalla malattia e dalle varie tribolazioni, o soffrono persecuzioni per la giustizia: il Signore nel Vangelo li ha proclamati beati, e « il Dio... di ogni grazia, che ci ha chiamati all'eterna sua gloria in Cristo Gesù, dopo un po' di patire, li condurrà egli stesso a perfezione e li renderà stabili e sicuri» (1 Pt 5,10). Tutti quelli che credono in Cristo saranno quindi ogni giorno più santificati nelle condizioni, nei doveri o circostanze che sono quelle della loro vita, e per mezzo di tutte queste cose, se le ricevono con fede dalla mano del Padre celeste e cooperano con la volontà divina, manifestando a tutti, nello stesso servizio temporale, la carità con la quale Dio ha amato il mondo.». + Decreto sull’apostolato dei laici 30 b c : «  La formazione all'apostolato ha inizio con la prima educazione dei fanciulli. In modo speciale vengano iniziati all'apostolato gli adolescenti e i giovani e li si permei di spirito apostolico. La formazione deve essere perfezionata lungo tutta la vita a misura che lo richiedono i nuovi compiti che si assumono. È chiaro dunque che coloro ai quali spetta l'educazione cristiana sono anche tenuti al dovere della formazione all'apostolato. È compito dei genitori disporre nella famiglia i loro figli fin dalla fanciullezza a riconoscere l'amore di Dio verso tutti gli uomini. Insegnino loro gradualmente, specialmente con l'esempio, la sollecitudine verso le necessità sia materiali che spirituali del prossimo. Tutta la famiglia dunque, nella sua vita in comune, diventi quasi un tirocinio di apostolato. È necessario inoltre educare i fanciulli in modo che, oltrepassando i confini della famiglia, aprano il loro animo alla vita delle comunità sia ecclesiali che temporali. Vengano accolti nella locale comunità parrocchiale in maniera tale che acquistino in essa la coscienza d'essere membri vivi e attivi del popolo di Dio. Gli insegnanti, poi, e gli educatori i quali con la loro vocazione e il loro ufficio esercitano una eccellente forma di apostolato dei laici, siano provveduti della necessaria dottrina e dell'arte pedagogica con cui potranno impartire efficacemente questa formazione. Parimenti i gruppi e le associazioni di laici che abbiano per scopo l'apostolato in genere o altre finalità soprannaturali, secondo che il loro fine e la loro possibilità lo comportano, debbono diligentemente e assiduamente favorire la formazione all'apostolato. Essi sono spesso la via ordinaria di un'adeguata formazione all'apostolato. In essi infatti si dà simultaneamente una formazione dottrinale, spirituale e pratica. I loro membri, riuniti in piccoli gruppi con i compagni e con gli amici, valutano i metodi e i frutti della loro attività apostolica e confrontano con il Vangelo il loro modo di vivere quotidiano. Tale formazione va organizzata in modo da tener conto di tutto l'apostolato dei laici, che deve essere esercitato non solo tra i gruppi stessi delle associazioni, ma in ogni circostanza per tutta la vita, specialmente professionale e sociale. Anzi ognuno deve fattivamente prepararsi all'apostolato, cosa che urge maggiormente nell'età adulta. Infatti con il progredire dell'età, l'animo si apre meglio in modo che ciascuno può scoprire più accuratamente i talenti con cui Dio ha arricchito la sua anima, ed esercitare con maggiore efficacia quei carismi che gli sono stati concessi dallo Spirito Santo, a bene dei suoi fratelli..

Nella loro famiglia, essi vivranno

La forma di vita della nostra regola, ossia tutto l’insieme del suo capitolo II, copre un vasto campo della nostra vita umana e spirituale. Tuttavia, i « luoghi » in cui vivere la nostra vita spirituale non sono precisati, tranne una sola eccezione : Nella loro famiglia, essi vivranno…  Possiamo interrogarci sull’esistenza di una tale precisazione nella nostra regola di vita ! non è forse indicata come per insistere a ciascuno di noi che è « di là » che bisogna cominciare… ?! Cosi’ come l’esistenza umana, nel suo aspetto materiale, nasce e cresce in seno ad una famiglia, l’esperienza dell’amore nasce e cresce in questa famiglia.  

La famiglia, fondata dall’amore e vivificata da esso, è una comunità di persone (gli sposi, i genitori ed i figli, il parentado). Il suo primo dovere è di vivere fedelmente la realtà della comunione in uno sforzo costante per promuovere un’autentica comunità di persone.  Il principio interno, la forza permanente e il fine ultimo di un tale dovere è l’amore. Cosi’ come, senza amore, la famiglia non è una comunità di persone, cosi’, senza amore, la famiglia non puo’ vivere, crescere e perfezionarsi in tanto che comunità di persone. L’uomo non puo’ vivere senza amore. Resta per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è privata di senso se non riceve la rivelazione dell’amore, se non incontra l’amore, se non ne fa l’esperienza e se non lo fa suo, se non vi partecipa fortemente. *   Giovanni Paolo II, esortazione apostolica Familiaris consortio, § 18, Pierre TEQUI Editore 1981.

Per costruire una tale comunione familiare, un elemento è fondamentale : quello dello scambio educativo tra genitori e figli, che permette a ciascuno di donare e di ricevere. Possiamo forse trovare una più bella definizione della vita familiare di queste parole del nostro sovrano pontefice Giovanni Paolo II : « dare e ricevere » ? Ma dare e ricevere cosa ? Ormai possiamo rispondere senza difficoltà : dare e ricevere tutto cio’ di cui un essere umano ha bisogno per vivere, bisogni materiali ( il pane, il vestito, il tetto, …) e bisogno d’amore. Infatti, la vita cristiana autentica non è una negazione o una separazione radicale dell’umano e dello spirituale ma, al contrario, una sublimazione dell’umano nello spirituale.

 Vivere lo spirito francescano della pace nella propria famiglia

Perché parlare di spirito francescano della pace ? La pace ha forse più aspetti ? Si ! Ci sono molti modi di vivere la pace. La parola rivolta da Gesù Cristo ai suoi apostoli lo lascia intendere chiaramente : Vi lascio la pace, vi do la mia pace ; ve la do, non come la dà il mondo (Jn 14 27). Se Cristo distingue la sua pace dalla pace del mondo, significa che vi è per forza una differenza tra le due. La pace del mondo si appoggia troppo sovente su un rapporto di forza. Una espressione molto conosciuta testimonia questa fiducia del mondo nella forza : se vuoi la pace, prepara la guerra ! Cosi’, quante volte si vede questa pace degli uomini dipendere dal numero o dalla potenza delle armi possedute ? Ora, come ci svelano i racconti della storia dei popoli, la forza non è sempre « dallo stesso lato », per non parlare che di questo aspetto delle cose e la pace degli uomini è particolarmente fragile. Invece, la pace di Dio non ha misura, non ha limiti. Essa si esprime nell’amore infinito e misericordioso di Dio verso l’anima che si pente. E lo spirito francescano della pace trova la sua fonte in questo amore di Dio che non conosce alcun limite. Gli scritti di Francesco che abbiamo « trasposto » poco prima e che sono desitnati alla famiglia, si applicano concretamente allo spirito francescano della pace nella famiglia : niente dispute né diffamazione, ma amore fraterno e spirito di povertà ; amare colui che ti colpisce sulla guancia ; compassione per il prossimo…

Per aiutarci ad approfondire e ad assimilare questo spirito francescano di pace, ci puo’ essere utile rileggere e meditare le esortazioni di Francesco per la famiglia riportate qui sopra e il capitolo XI del presente manuale, integralmente consacrato alla pace.

Vivere la fedeltà nella propria famiglia

La maggior parte del tempo, la fedeltà coniugale è vissuta come lo spazio che permette lo sviluppo della relazione e del progetto di vita, e non come una costrizione *   Tony Anatrella, Epoux, heureux époux… Essai sur le lien conjugal, Flammarion 2004, p. 78.. Per non fare delle ridondanze con alcune righe precedenti che trattavano già il tema della fedeltà, limiteremo i commentari alle questioni seguenti :  

  1. come, prima del matrimonio, prepararsi già alla fedeltà ?
  2. perché essere fedele ? (parleremo allora dell’indissolubilità del matrimonio) 
  3. qual’è il « cemento » della fedeltà coniugale ?
  4. infine, è possibile ritrovare la purezza dell’anima dopo una caduta nel campo della fedeltà al comandamento divino ?

1. Come, prima del matrimonio, prepararsi già alla fedeltà ?  Il giorno delle nozze, gli sposi si donano l’uno all’altro, corpo e anima, e questo in modo esclusivo. E’ proprio per poter offrire questa esclusività che un ragazzo o una ragazza conservano la loro verginità fino al matrimonio. La possibilità di offerta di questa verginità, certamente, non è la sola né la prima delle ragioni. La prima di tutte le ragioni è cio’ che ci comanda il Creatore nel testo della Genesi : L’uomo lascia suo padre e sua madre e si unisce alla sua donna e diventano una sola carne (Gen 2 24). Non vi è quindi alcuna ragione di invertire il testo nella pratica, inversione che vorrebbe dire : diventano una sola carne e poi l’uomo si unisce alla sua donna ! Anche se il contesto sociale in cui viviamo non promuove la verginità prima del matrimonio, è tuttavia nel tempo della vita da celibe (o nubile) che le persone possono « allenarsi » alla fedeltà coniugale ; sarà sempre più facile, per un uomo o una donna che non ha conosciuto nessuna avventura sessuale prima delle nozze, essere fedele al coniuge in seguito.

2. Perché essere fedele ? Parlando dell’ unione dell’uomo e della donna nel matrimonio, San Paolo dichiara : Grande mistero è questo, inteso dei rapporti tra Cristo e la sua Chiesa ! (Ep 5 32). Non bisognrerbbe quindi considerare che l’unione dell’uomo e della donna si limiti ad una semplice imitazione dell’unione di Cristo e della Chiesa ; ma l’unione dell’uomo e della donna, attraverso un sacramento che produce veramente cio’ che esso significa, vi partecipa realmente. Dire che il matrimonio è un sacramento, è dire che il legame che unisce l’uomo e la donna non è solamente un legame umano, ma è lo Spirito Santo che è questo legame. E’ a partire di là che possiamo capire le esigenze della Chiesa in materia di indissolubilità. La vera giustificazione dell’indissolubilità del matrimonio risiede in questo : siccome l’unione dell’uomo e della donna è il segno efficace dell’unione di Cristo e della Chiesa (e per estensione dell’umanità intera), l’uomo non puo’ separarsi da sua moglie, ad immagine di Cristo che non si separa dalla sua Chiesa. Infine, a questo si aggiunge la parola che il Verbo di Dio, nostro Signore Gesù Cristo obietta ai farisei che volevano metterlo alla prova :   In principio della creazione Dio li fece maschio e femmina : per questo l’uomo abbandonerà il padre e la madre, s’unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne ; cosi’ che non sono più due, ma una sola carne. Non divida dunque l’uomo quel che Dio ha unito. (Mc 10 6-9). La Chiesa, educatrice e madre, non è quindi né l’autore né l’arbitro di una tale norma. Ma ella è convinta che non c’è alcuna contraddizione tra la legge divina che riguarda la trasmissione della vita e quella che richiede di favorire il vero amore coniugale. Infatti, la pedagogia concreta della Chiesa deve essere sempre legata alla legge divina e mai separata da essa. Il nostro sovrano pontefice Giovanni Paolo II l’ha ripetuto con la stessa convinzione del suo predecessore : non diminuire in niente la salutare dottrina di Cristo è una forma eminente di carità verso le anime. *   Paolo VI, Enciclica Humanae vitae, 29.

3. Qual’è il « cemento » della fedeltà coniugale ? Per introdurre la risposta a questa domanda, che ci sia permesso di riportare qui i risultati di un’inchiesta sul divorzio effettuata, all’inizio del decennio 1980, in uno degli stati d’America. I risultati dell’inchiesta rivelavano che :

  1. nel caso di un matrimonio unicamente civile : c’era da deplorare 1 divorzio su 2 matrimoni ;
  2. per un matrimonio religioso e per degli sposi che non hanno mai « messo un piede in chiesa » prima del matrimonio e che non lo hanno più rimesso dopo il matrimonio : è stato constatato 1 divorzio su tre matrimoni ;
  3. per i matrimoni religiosi, con una pratica religiosa settimanale dopo le nozze, ma senza vita di preghiera quotidiana : è stato consatato un divorzio su 40 matrimoni ;
  4. per i matrimoni religiosi, con una pratica religiosa settimanale dopo le nozze e preghiera quotidiana in famiglia :Peccatrice Maria Maddalena è stato constatato un divorzio su 1106 matrimoni.

Le due principali conclusioni di questa inchiesta si impongono da sole : la prima, è che il « cemento » del matrimonio trova la sua fonte in Dio. La seconda, è che la preghiera è il canale attraverso il quale cola la grazia divina nelle nostre anime. Tutti coloro che accettano di aprire le loro anime per accogliere il loro Creatore, Redentore e Salvatore, trovano in Lui le forze soprannaturali che li aiutano a vivere, fin da quaggiù, la gioia del Regno dei Cieli.

4. E’ possibile ritrovare la purezza dell’anima dopo una caduta nel campo della fedeltà al comandamento divino ? Altrimenti detto, una persona che ha commesso uno o più errori contro la purezza, puo’ « ritrovare » la sua virginità perduta ? Il Vangelo ci risponde positivamente, citando più esempi di questa purezza ritrovata, come il passaggio della peccatrice pentita e perdonata (Lc 7 47-48) : Percio’ io ti dico : i suoi numerosi peccati sono stati perdonati, perché essa ha amato molto… Disse poi a lei : « Sono perdonati i tuoi peccati ». Per mostrare fino a qual punto la restaurazione della purezza sia sempre possibile, malgrado la bassezza e la moltiplicazione degli errori che hanno potuto essere commessi, il Vangelo ci riporta ugualmente un’eminente riconciliazione della creatura con il suo Creatore : quella di Maria Maddalena, la peccatrice, la donna dai sette demoni. Non era un solo demone che la possedeva, ma sette (Lc 8 2), tanti quanti i peccati capitali ! Penitente Maria MaddalenaMa il suo pentimento e la sua buona volontà di non peccare più le hanno ottenuto il perdono divino. Cosi’, la persona, dapprima colpevole ed imperfetta, diviene giusta, e allora la coscienza si purifica nel bagno dell’umiltà, della contrizione e dell’amore. Cosi’ purificata, puo’ « rivaleggiare » con coloro che non sono mai caduti, che sono puri da sempre. Quale grado di purezza ha potuto raggiungere Maria Maddalena per essere stata la prima beneficiaria dell’apparizione di Cristo resuscitato il mattino della domenica di Pasqua *   Possiamo avanzare l’ipotesi che nel corso della notte, Gesù resusciti ed appaia (prima di tutto) a sua madre. Si tratta di una pura ipotesi sostenuta dalla verosimiglianza e dal fatto che Ella fosse presente al Calvario ma che non fosse andata al sepolcro di suo figlio : in proporzione ai suoi pensieri afflitti, le consolazioni di Dio carezzarono la sua anima (Cf. Salmo 93). MJ Lagrange e C. Lavergne, Synopse des quatre évangiles en Français d’après la synopse grecque, Librairie Lecoffre J. Gabalda et Cie Editeurs, 1993, nota 306, pag. 254. : Gesù le disse : « Maria ! ». Ella, voltandosi, esclamo’ in ebraico : « Rabboni !... che significa : Maestro ! », e di quale missione unica è stata investita, lei, che era stata in precedenza la peccatrice dai sette demoni :  và dai miei discepoli e di’ loro… (Jn 20 16-17).

Vivere il rispetto della vita nella propria famiglia

Nell’analisi dell’articolo 17 della nostra regola, abbiamo voluto distinguere la fedeltà  dal rispetto della vita. Questo, per pura necessità pedagogica, perché il testo dell’articolo associa i due aspetti come se non ne formassero che uno solo. Qui si tratta, in effetti, di fedeltà  e di rispetto della vita. Rispettare la vita è, prima di tutto, vivere nella fedeltà al Signore, docili a tutti i suoi comandi, che sono vita per l’uomo : Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la forza e amerai il tuo prossimo come te stesso.  Ora, nella prospettiva cristiana, l’amore non è un sentimento, cosa necessariamente effimera, ma un’attitudine dello spirito durevole, che orienta la relazione verso l’altro. L’amore è una relazione in divenire, un’opera da costruire. E’ un progetto da realizzare nella storia, piuttosto che una relazione fissata per sempre. E trova la sua sorgente in un amore più grande : l’amore di Dio trinitario. Dio ama perché Dio è amore (1 Jn 4 7), e questo amore è povero, umile, senza potere, fragile perché è disinteressato. Ha preso un volto umano attraverso la persona di Cristo che, accettando di apparire debole, senza invadere lo spazio di nessuno, è venuto ad annientarsi nella condizione umana per rivelarsi agli uomini. Quest’amore di Dio trinitario significa anche : io voglio che tu viva.  Dire che Dio ama tutti gli uomini, significa anche dire che desidera che tutti gli uomini vivano nel senso forte del termine, e non soltanto che stiano insieme senza conflitti praticando una morale di buona intesa. In altri termini, questo significa che, in nome di questo amore, non si puo’ accettare tutto, soprattutto se un qualche atteggiamento mette in pericolo la vita.   La carità comincia solo quando ci si impegna in una relazione con Dio ; allora ella raggiunge una portata universale che conduce il soggetto ad amare i suoi simili, nel senso di « volere il loro bene », di essere responsabili nei loro confronti, di saper essere delicati e discreti verso di loro, rispettosi. Quest’amore non ha nessun’altro motivo che di essere creatore, poiché amare non consiste nel rinunciare o nel far morire i propri desideri, ma nell’inscriverli all’interno di un significato più globale. L’amore cristiano invita quindi a rinunciare al possesso dell’altro, e quindi alla morte di quest’ultimo in se stesso, al fine di liberare la pulsione di vita che permette di creare dei legami, a loro volta fonte di gioia, di piacere e di godimento. *   Queste ultime righe sono estratte da Tony Anatrella (CJ), L’Eglise et l’amour, Champs Flammarion, 2000, p. 86 e seguenti.

In questo contesto, capiamo bene che in una famiglia, comunità di persone, deve essere riservata un’attenzione molto speciale ad accogliere la vita del bambino che Dio concede. Questa attenzione deve permettere di sviluppare una profonda stima per la dignità personale del bambino, cosi’ come un grande rispetto per i suoi diritti che bisogna servire generosamente. Questo vale per tutti i bambini, ma è ancora più importante quando il bambino è più giovane, o quando è malato, sofferente o handicappato. Noi siamo tutti chiamati nella Chiesa a fare conoscere e a proporre di nuovo nella storia l’esempio e il comandamento di Cristo Signore che ha voluto porre il bambino al centro del Regno di Dio : Lasciate che i bambini vengano a me e non li impedite ; poiché a quelli come loro appartiene il Regno dei Cieli  (Mt 19 14, Mc 10 14, Lc 18 16). *   Giovanni Paolo II, esortazione apostolica Familiaris consortio, § 26, Pierre TEQUI Editeur, 1981.

Segno di un mondo già rinnovato in Cristo

In un mondo in cui la legge del più forte è sempre la migliore…

In un mondo che fa la promozione dei comportamenti riduttori o alienanti per l’uomo, comportamenti che non si vogliono investigare ma semplicemente legittimare…

In un mondo che nega la vita all’altro, particolarmente nei momenti più fragili della sua esistenza, negazione della vita eretta a norma sociale a cui il cittadino è tenuto ad aderire…

… i fratelli e le sorelle secolari di San Francesco vivranno, nella loro famiglia, nello spirito francescano della pace, della fedeltà e del rispetto della vita, cercando di farne, con questo, il segno di un mondo già rinnovato da Cristo. Rinnovato, questo significa rimettere a nuovo, con una connotazione di rinascita dopo qualche cosa di decaduto. Cosi’, in un mondo che non ama, o che ama poco o male, cosa che si traduce necessariamente con la morte dell’altro o di una parte dell’altro, essere segno di un mondo già rinnovato in Cristo, cosa signigfica ? Significa vivere secondo la parola di Cristo stesso, Parola di amore e Parola di vita :  

Vi lascio la pace, vi do la mia pace ; ve la do’, non come la dà il mondo (Jn 14 27)…

Ma al principio della creazione Dio li fece maschio e femmina : per questo l’uomo abbandonerà il padre e la madre, s’unirà a sua moglie, e i due saranno una sola carne. Non divida dunque l’uomo cio’ che Dio ha unito   (Mc 10 6-9)…

Lasciate che i bambini vengano a me e non li impedite ; poiché a quelli come loro appartiene il Regno dei Cieli (Mt 19 14, Mc 10 14, Lc 18 16)…

Il matrimonio, una bella avventura

Il matrimonio, come ogni altro sacramento, non è un colpo di bacchetta magica che, una volta ricevuto, permette di  fare e di durare senza sforzo. I risultati statistici dell’inchiesta evocata sopra ne sono una prova eloquente. Cosi’, prima di parlare delle grazie del matrimonio, che ci sia permesso di utilizzare una metafora, destinata sia agli sposi, sia ai futuri sposi nel discernimento che devono effettuare prima di impegnarsi. Questa metafora è quella di una grande nave a vela. Questa si compone innanzitutto di uno scafo. Di tutti gli elementi costitutivi della nave, questo è il più pesante.  Lo scafo simboleggia il corpo, con le sue passioni, le sue pulsioni e… i suoi limiti. Nell’insieme di una nave, lo scafo non puo’ bastare a se stesso, cosi’ come, nella vita, l’aspetto fisico non puo’ bastare a se stesso. Se uno mettesse lo scafo di una nave, pure il più imponente per le sue dimensioni, nel bel mezzo dell’oceano, possiamo essere certi che, prima o poi, questo scafo abbandonato a se stesso andrebbe a fracassarsi su delle rocce. E’ la stessa cosa per la relazione coniugale. Anche se l’aspetto fisico fa parte integrante della relazione coniugale, non basta a se stesso per vivere, nel senso più forte del termine. Ci vuole quindi qualche cosa in più, che permetta di far andare avanti la nave. Questo qualche cosa sono le vele. Esse sono simbolo dell’amore. La Chiesa, fin dalla sua origine, ha dovuto affrontare molti modelli di matrimonio che escludevano il sentimento amoroso dalla relazione coniugale. Tuttavia, l’amore che i coniugi provano l’uno per l’altro è necessario, come le vele per fare andare avanti la nave. Tuttavia, anche con delle vele, la nave più bella puo’ andarsi a fracassare sulle rocce perché, se le vele permettono alla nave di andare avanti, esse restano insufficienti per dirigere la nave. Ci vuole, quindi, un terzo elemento, il più piccolo di tutti, che permette alla nave di andare là dove si vuole. Quest’elemento è il timone, che è simbolo della volontà. Ma la volontà di che cosa ?

Questa pedagogia abbraccia tutta la vita coniugale. La preoccupazione di dare e di trasmettere la vita si integra nella totalità della missione della vita cristiana che, senza la croce, non puo’ pervenire alla resurrezione. In questo contesto, si capisce che non è possibile sopprimere il sacrificio nella vita di famiglia, ma che bisogna, al contrario, accettarlo di buon cuore (è la necessità dell’esistenza del timone) affinché l’amore coniugale, giorno dopo giorno, si approfondisca e divenga fonte di gioia intima.  

Le grazie del matrimonio

Durante la celebrazione stessa del sacramento del matrimonio vengono enumerate le principali tra le numerose grazie del matrimonio cristiano. Il celebrante si rivolge ai fidanzati con queste parole :

Voi avete ascoltato la Parola di Dio che ha rivelato agli uomini il senso dell’amore e del matrimonio. Si ! E’ la Parola di Dio che ci rivela che Dio è Amore, che è fonte di tutto l’amore e che la nostra ragione di essere, ossia l’orientamento di tutta la nostra vita, è amare.  Il sacramento del matrimonio dona agli sposi la possibilità di vivere una relazione di amore con Dio. Attraverso il sacramento, Dio ci dona lo Spirito Santo, la forza dell’amore, che santifica l’amore reciproco degli sposi. Più gli sposi rafforzeranno la loro unione nello stesso amore di Dio, più riceveranno delle grazie da questo sacramento. Poi il celebrante prosegue ed i fidanzati rispondono…

Voi vi impegnate l’uno per l’altro. Fate questo liberamente e senza costrizione ? La domanda posta dal celebrante non è senza importanza. Il sacramento del matrimonio, per essere valido e portare frutto, reclama la libertà senza costrizione dei fidanzati nel loro impegno : Si, rispondono. Fin dall’origine, la Chiesa richiede che il matrimonio sia un matrimonio d’amore. Se uno dei fidanzati stimasse di essere stato costretto  ad « arrivare in fondo alla grande strada », potrebbe (dovrebbe) rispondere no alla domanda posta dal celebrante. La gente presente alla cerimonia potrebbe allora essere scontenta del fatto che questo no si esprima in maniera cosi’ tardiva. Tuttavia è un gran bene ! Il matrimonio non è una semplice formalità amministrativa, o un contratto civile che puo’ essere rotto. E’ un sacramento che unisce, e in modo indissolubile, un uomo e una donna, per tutta la vita. L’impegno, quindi, deve essere senza macchia. Poi il celebrante prosegue ed i fidanzati rispondono…

Voi vi promettete fedeltà. Questo è per tutta la vita ? Nel momento preciso in cui i fidanzati si legano attraverso un consenso espresso in maniera sensibile, ricevono un supplemento di grazia santificante, ossia di questo dono che Dio fa di se stesso venendo ad abitare nelle loro anime. Il sacramento del matrimonio dona, ugualmente, delle grazie attuali, ossia questo dono soprannaturale passeggero che Dio dona per aiutare a fare il bene e ad evitare il male. Queste grazie sgorgano al tempo opportuno per rinforzare l’amore coniugale e aiutare gli sposi a restare fedeli l’uno verso l’altro. Poi il celebrante prosegue e i fidanzati rispondono…

Nella famiglia che fondate, accettate la responsabilità di sposi e di genitori ? La prima grazia visibile del matrimonio, è quella di diventare sposi l’uno dell’ altro. Attraverso il consenso dei fidanzati, le virtù teologali e morali prendono in loro un nuovo vigore. La carità, soprattutto, si perfeziona, la pazienza diventa più resistente, la pietà più profonda. Queste grazie si tradurranno concretamente attraverso il mutuo aiuto degli sposi. Ma vi è un’altra grazia del matrimonio : la fecondità. La prima fecondità al cui si pensa è, evidentemente, la gioia di accogliere tutti i figli che Dio puo’ accordare alla coppia. Questa grazia della fecondità reclama un’altra grazia : quella di assumere la responsabilità (nel senso positivo del termine) di educare il figlio. Come è bello questo termine, educare ! Perché, mentre si ammaestra un animale, il bambino è educato, ossia, condotto, dai suoi genitori. Condotto nella sua vita umana, cosa che lo porterà ad assumere a sua volta la sua propria esistenza quando sarà adulto ; condotto nella sua vita spirituale, affinché sappia orientare la sua anima e il suo agire verso il nostro Padre del Cielo.

Lo scambio dei consensi : notiamo, tra parentesi, i termini utilizzati. Se vi troviamo l’« io » e il « tu » (come ci si puo’ legittimamente attendere), troviamo ugualmente dei termini che danno lo spirito della vita coniugale, tutta orientata verso l’accoglienza dell’altro ed il dono di sé : … io ti ricevo come sposa e  mi dono a te per amarti fedelmente per tutta la nostra vita. In tal modo, il congiunto riceve l’altro, ma non lo prende ; il congiunto si dona all’altro, cosa che non deve essere l’occasione per l’altro di reclamare un dovuto. Il sacramento del matrimonio si conclude con la benedizione e lo scambio delle fedi nuziali…

Le fedi non sono degli « anelli » che impedirebbero la libertà di coloro che li portano. Le fedi sono il segno visibile e silenzioso, dato agli occhi di tutti, della volontà degli sposi di mantenere sempre una fedeltà perfetta, cosi’ come Cristo e la sua sposa, la Chiesa, sono fedeli l’uno all’altra.

Manifestando nel mondo l’amore di Criso per la sua Chiesa

Nell’Antico Testamento, i profeti hanno spontaneamente espresso le relazioni tra Dio e la sua creatura attraverso l’immagine dell’unione coniugale e talvolta, purtroppo, della disunione. Istintivamente, facevano ricorso a quanto c’è di più forte nell’ordine della natura, l’unione degli sposi, due in una carne sola, per figurare quello che c’è di più forte nell’ordine della grazia : l’unione a Dio attraverso la comunione di pensiero, di volontà e di amore.

Si trova a volte, sfogliando una pagina della Somma teologica di San Tommaso d’Aquino, un paragrafo di sintesi, sovente rapido, talvolta inatteso, sempre sorprendente. Quello che citeremo ora, che non è uno dei meno importanti, ci interessa particolarmente : Ci sono, dice San Tommaso, quattro grandi sacramenti : il battesimo, in ragione dei suoi effetti ; la confermazione, in ragione del suo ministro ; l’Eucarestia, in ragione del suo contenuto ; infine il matrimonio, in ragione di cio’ che significa, di cio’ di cui è il segno *   Somma  Teologica, IIIa parte qu. 65 art. 5 ad 4, qu. 67 art. 2 ad 3.. E di fatto, quando San Paolo parla del matrimonio cristiano, insegna che il marito deve amare sua moglie e trattarla come se fosse il suo proprio corpo.  E trova il modello nell’amore di Cristo per il suo Corpo che è la Chiesa : Grande mistero è questo, inteso dei rapporti tra Cristo e la sua Chiesa ! (Ep 5 32). Ne risulta questo paradosso per cui il sacramento che sembrerebbe essere più coinvolto nel realismo carnale, siccome ha per materia e per forma la funzione della natura stessa, l’amore umano in tutte le sue dimensioni, compresa la dimensione fisica, ebbene, questo sacramento è anche il più mistico, il più carico di significati spirituali *   Lo è a un punto tale per cui, anche coloro che hanno rinunciato al matrimonio a causa del regno dei cieli (Mt 19 12) ne vivono « appieno » la realtà soprannaturale in Cristo e nella Chiesa : la vera realtà, è l’invisibile .

Cosi’ l’amore umano, l’amore dell’uomo per la donna, è la manifestazione più visibile nel mondo dell’amore di Cristo per la sua Chiesa. Ed il nostro articolo 17 invita i fratelli e le sorelle secolari di San Francesco che sono sposati a manifestare questa realtà agli occhi del mondo vivendo le grazie del matrimonio nella loro vita coniugale. Quale missione ! Quale ragione soprannaturale per ascoltare e per seguire le esortazioni, semplici e naturali, di Francesco per la famiglia !

Educazione cristiana, semplice e aperta

Educazione cristiana, questo significa che i genitori hanno la missione di educare i loro figli cristianamente. Nessun pastore di anime, per quanto possa essere talentuoso, potrà mai trasmettere la fede al bambino, cosi’ semplicemente e profondamente che i genitori stessi. La famiglia è il primo e principale luogo in cui si trasmette la fede. A rischio di ripetersi, ricordiamo che il santo curato d’Ars diceva :  « I padri e le madri devono sapere che la loro più grande occupazione deve essere di lavorare a salvare le anime dei loro figli e che non c’è nessuna opera che deve passare avanti a questa ; e inoltre, che la loro salvezza è legata a quella dei loro figli. »

Non andiamo a considerare che, siccome non hanno mai fatto degli studi teologici, i genitori debbano o possano sottrari alla loro missione evangelizzatrice verso i loro figli. La famiglia è una Chiesa domestica. Ed è anche, come diceva San Benedetto, una « scuola del servizio del Signore », un piccolo monastero familiare, in cui tutta la famiglia, genitori e figli, si applica allo studio e all’approfondimento delle cose di Dio, alla pratica della preghiera in comune, alla partecipazione attiva e cosciente alla vita liturgica della Chiesa. Che cosa c’è di più semplice di pregare insieme ogni giorno ? Che cosa c’è di più semplice di realizzare un Presepe di Natale  in famiglia all’inizio dell’Avvento ? E di parlare, durante le settimane che precedono il Natale, della venuta di Cristo sulla terra ? Questi sono dei modi ben semplici per far crescere i propri figli nella fede. O, se si vuole stappare una « buona bottiglia » il giorno della feszta nazionale, va bene e Dio non lo vieta certamente ; ma se lo si fa la domenica in cui si è sentito proclamare il Vangelo delle nozze di Cana, per esempio, e si spiega ai bambini che cosa significhi questo piccolo extra *   Riguardo questo tema, e se l’esempio desse delle idee a qualcuno, si puo’ rileggere con profitto il § contenuto nel capitolo VII del presente manuale, intitolato « l’acqua trasformata in vino : costruzione di un mondo fraterno ed Evangelico »., è sicuramente meglio !

Aperto viene definito come « qualcosa che non offre nessun ostacolo, né naturale, né artificiale ». Ma un’educazione cristiana « aperta », che cosa significa ? La nota a cui rinvia l’articolo 17 della nostra regola fa riferimento al decreto sull’apostolato dei laici, che ci dà delle piste per rispondere. Questo precisa, in effetti, che è necessario inoltre educare i fanciulli in modo che, oltrepassando i confini della famiglia, aprano il loro animo alla vita delle comunità sia ecclesiali che temporali. Non si tratta, quindi, di « rinchiudere » il bambino all’interno del nido familiare ; l’uccellino dovrà, un giorno, spiccare il suo volo e volare con le sue ali, incontrando il resto del mondo, con tutto cio’ che questo implica. Agendo cosi’, il bambino scopre se stesso e scopre sempre di più il suo Creatore e cio’ che Dio attende da lui. Il decreto prosegue a questo riguardo : con il progredire dell'età, l'animo si apre meglio in modo che ciascuno può scoprire più accuratamente i talenti con cui Dio ha arricchito la sua anima, ed esercitare con maggiore efficacia quei carismi che gli sono stati concessi dallo Spirito Santo, a bene dei suoi fratelli. Nella sua applicazione concreta, l’educazione cristiana aperta consisterà, in particolare, a fare prendere coscienza al bambino del fatto che Dio ami tutti gli uomini e che ci invita a fare la stessa cosa (se amate coloro che vi amano, che bene fate ? Anche i peccatori fanno lo stesso. Amate i vostri nemici, …). Questo si tradurrà, anche, per esempio, a non considerare che alcune domande del bambino non meritino una risposta (non esistono domande tabù).

Attenti alla vocazione di ciascuno

Questa precisazione della nostra regola, attenti alla vocazione di ciascuno, copre due aspetti dell’educazione dei bambini che si completano reciprocamente, senza contrariarsi. Innanzitutto, ogni figlio ha la sua vocazione : vocazione al matrimonio, alla vita religiosa, al sacerdozio, …). Non tocca quindi ai genitori avere la vocazione al posto dei loro figli. Tuttavia, e questo è il secondo aspetto, i genitori non possono considerare che la vocazione di loro figlio non li riguardi, che non è il loro problema ! Devono farvi attenzione, ossia circondare di attenzione ogni figlio, saper dialogare con lui per aiutarlo a discernere cosa è bene e cosa è male. Francesco di Assisi, in una lettera che scrive a frate Leone in risposta ad una domanda di quest’ultimo, che desidererebbe in realtà che Francesco « decidesse » al suo posto, tratta perfettamente di questo doppio aspetto che tocca ai genitori. Notiamo, tra parentesi, che Francesco, per la circostanza, si compara ad una madre che parla a suo figlio, cosa che conviene perfettamente al nostro soggetto : Fratello Leone, augura il tuo fratello Francesco salute e pace ! Figlio mio, parlo a te come una madre. Tutte le parole che ci siamo scambiate per strada, (che potremmo tradurre con : tutto cio’ che ti abbiamo apportato, tuo padre ed io, durante tutti questi anni in cui ti abbiamo aiutato a crescere),   le riassumo in questa parola e consiglio… : qualunque modo di piacere a Dio e di seguire le sue orme e la sua povertà , ti sembri il migliore, ebbene, fallo con la benedizione del Signore e con la mia obbedienza. Francesco lascia, cosi’, a Leone la totale libertà di scelta, cosi’ come i genitori devono lasciare ai figli una totale libertà nella scelta della loro vocazione. Ma lasciare una totale libertà di scelta non significa non mostrare alcun interesse verso il figlio. Francesco si preoccupa dell’orientamento generale della scelta, quella di cui non si puo’ fare l’economia, qualunque sia la scelta della propria vocazione : piacere al Signore Dio e seguire le sue tracce e la sua povertà. I genitori devono fare prova di questa stessa attenzione verso i propri figli. Francesco conclude, come per rassicurare pienamente suo fratello Leone, che non lo abbandona, ma che, al contrario, è attento alla sua persona : ma se è necessario per la tua anima, per un’altra tua consolazione, e vuoi, o Leone, venire da me, vieni !

Seguiranno gioiosamente con i loro figli il loro itinerario umano e spirituale

Il bambino non è un fardello ! E’ un dono di Dio, e quale dono ! E’ la vita data da Dio, è la creazione che continua donando ai genitori la grazia di partecipare alla creazione divina. I genitori devono poter cantare con Maria : « Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente, Santo è il suo nome ».  Non c’è tristezza, quindi, nel Magnificat di Maria, a cui la nostra regola ci invita ad attingere. La gioia è, tra l’altro, uno dei carismi francescani. Francesco nota, un giorno, che uno dei suoi compagni ha l’aria scura ed afflitta ; lo rimprovera un po’ rudemente : Un servo di Dio non deve presentarsi davanti agli uomini triste e imbronciato, ma, al contrario, deve essere sempre cortese. Va nella tua camera per passare in rivista i tuoi peccati ; piangi e gemi davanti a Dio ; ma di ritorno tra i tuoi fratelli, abbandona la tua pena e fà come gli altri (2 C 128). Francesco ha tanta stima per la persona piena di gioia spirituale che fa inserire questa raccomandazione in un capitolo della Regola : Abbiano cura di mostrarsi non tristi e rannuvolati, bensi’ felici nel Signore, lieti e dignitosamente amabili (1 Reg 7 15-16). Ma vivere nella gioia ha per effetto di cancellare tutte le difficoltà ? Più precisamente, dobbiamo considerare che l’educazione di figli non presenti alcuna dificoltà ? Un vecchio detto esprime con molta finezza e con pertinenza le difficoltà che ogni genitore è portato ad incontrare con i propri figli : «  bambini piccoli, problemi piccoli ; bambini grandi, problemi grandi ». Nessuno sembra esonerato da queste inevitabili inquietudini parentali. Osserviamo il tormento di Maria e Giuseppe che cercano in vano, per tre giorni, il loro piccolo Gesù che era scappato :  Figlio, perché ci hai fatto cosi’ ? Ecco, tuo padre ed io, addolorati, andavamo in cerca di te (Lc 2 48). Quale bambino, questo piccolo Gesù ! E le cose non si fermeranno li’, poiché, più tardi, pure una spada trafiggerà il cuore di sua mamma… Tuttavia, anche nelle difficoltà, il Vangelo ci riporta la fiducia di Maria : E sua madre custodiva tutti questi ricordi in cuor suo (Lc 2 51). Con Maria, non è mai una gioia esuberante, tonante. E’ una gioia interiore, che abita tutto il suo essere : L’anima mia magnifica  il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore ! (Lc 1 46-47).

Ma che cosa devono seguire, gioiosamente, i genitori con i loro figli ? L’itinerario, ossia un percorso in perpetuo divenire. Si tratta, innanzitutto, di un itinerario umano, poi di un itinerario spirituale. Cosi’, come genitori, non si puo’ considerare il solo lato spirituale dell’itinerario dei nostri figli, anche se è questo che, « alla fine del percorso », è il più importante. Questo sarebbe mancare di equilibrio. Al fine di non « dimenticare » le tappe dell’itinerario umano, notiamo come la nostra regola lo citi per primo nella sua enumerazione, come per significare che è di là che bisogna cominciare e, nello stesso tempo, che non è là che bisogna finire… Seguiamo in questo l’esempio del nostro Creatore. Ha saputo circondare l’Incarnazione di suo Figlio dandogli dei genitori umani che lo hanno nutrito, vestito, che gli hanno insegnato a camminare, etc… E, rapidamente, come per ricordare ai genitori che non c’è solo l’umano, Dio Padre ci dona questa frase attraverso la bocca del suo piccolino : Non sapevate che io mi devo occupare di quanto riguarda mio Padre ? (Lc 2 49).

Infine, nella frase seguiranno gioiosamente con i loro figli il loro itinerario umano e spirituale, che cosa significa l’impiego del singolare loro itinerario preceduto dal plurale loro figli ? Molte cose, in verità. La prima che sembra imporsi è che ogni figlio è unico. Cosi’, anche se si vive gioiosamente in famiglia con tutti i figli, è ad ogni figlio, preso nella sua individualità, che bisogna essere attenti. Ma questa frase della nostra regola ha anche un’altro significato, che si aggiunge a quello che è stato appena detto : i genitori stessi sono invitati a seguire gioiosamente il loro itinerario umano e spirituale, e questo, con i loro figli. E, con la Mamma di Gesù, potranno allora cantare : « Ed ecco che fin d’ora tutte le generazioni mi chiameranno beata »…    

DOMANDE

 Ho memorizzato bene ?

  1. L’uomo e la donna hanno il dovere di diventare sempre di più quello che sono già. Ma che cosa sono di già ? E, inoltre, che cos’è la famiglia ?
  2. Posso riferire le risposte di Francesco alle seguenti domande ?
    • Come fare, in una famiglia, perché « tutto vada bene » ?
    • Come fare, in una famiglia, quando « tutto » va male ?
    • Come fare, in una famiglia, ad aiutare il proprio congiunto nel momento del bisogno, o il proprio fratello, sorella, padre o madre ?
    • Quali mezzi per prepararsi a vivere, e pre vivere senza errori, il comandamento divino : non commetterai adulterio ?
    • Che cos’è che scaccia i vizi ?
  3. Il Santo Curato d’Ars, lui stesso terziario di San francesco, ci insegna quale deve essere la più grande occupazione che devono avere i padri e le madri di famiglia. Sono in misura di riferire qual’è questa preoccupazione ?

Per approfondire

  1. La liturgia propone il salmo 127 tra le due letture all’occasione del sacramento del matrimonio. Posso cercare di estrarne il senso spirituale allegorico, il senso spirituale morale e il senso spirituale anagogico (vedere, se necessario, le definizioni di questi differenti significati all’inizio del capitolo VII) ? Sposo, genitore, figlio, celibe o nubile, prete o religiosi, quale risonanza puo’ avere questa Parola di Dio nella mia vita ?
  2. Dopo aver fatto una piccola analisi sintetica dell’articolo 11 della Prima Regola di Francesco e, tenendo conto di questa, posso decidere gli sforzi che devo mettere in opera, a partire da oggi, con la grazia di Dio, verso il mio congiunto, i miei figli, i miei genitori ?
  3. Beneficiario di una filiazione umana o di una filiazione spirituale, quale mezzo concreto metto in opera per i « miei » figli, per lavorare alla salvezza della loro anima ?

Alleanze

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Realizzato da www.pbdi.fr Illustrazione di Laurent Bidot Traduzione : Elisabetta Daturi